Miseramente fallito il tentativo del ministro Maria Stella Gelmini di limitare al trenta per cento la presenza di alunni stranieri nelle scuole: nella sola Milano sono ben 50 gli istituti che superano questo limite, e nessuno ha potuto farci niente. Tutti regolarmente autorizzati a disattendere la disposizione. E ora si sta facendo di peggio. La scuola araba da tempo sotto sfratto da via Ventura, in zona Lambrate, ha ottenuto una sede comunale in zona San Siro, guarda caso a poche centinaia di metri dalle elementari di via Paravia dove la presenza di stranieri riguarda l’85 per cento degli iscritti.

Una vicenda paradossale, per tante ragioni. A cominciare dalla modalità con cui si arriva a questa soluzione. La scuola araba, infatti, ottiene la nuova sede per aver vinto un bando emesso per chi aveva intenzione di svolgere attività formative. Un bando che, dicono in via Ventura, conoscevano solo quelli della scuola araba. Il sindaco Letizia Moratti che a suo tempo aveva tentato in tutti i modi di far svolgere attività didattica in via Ventura, oggi mette a disposizione addirittuira una sede di proprietà del Comune.

Frutto di una improvvisa conversione alla bontà della cultura islamica? Più banalmente è il frutto di un’intesa raggiunta dal ministro Gelmini con il governo egiziano che ha trasformato una posizione di radicale ostilità in un compromesso da raggiungere a tutti i costi. Ma dove si va a trovare questa soluzione? In una zona dove la presenza di alunni stranieri è già oltre ogni limite. Non più solo scuole ghetto, insomma, ma un intero quartiere viene ghettizzato.

Una volta c’erano i quartieri di meridionali, adesso si alimentano i quartieri degli stranieri. Una linea di tendenza che certo non favorisce l’integrazione fin dall’infanzia. Ma forse questa è una soluzione che raggiunge un altro compromesso nei rapporti con la Lega che, guarda caso, dopo aver combattuto senza mezzi termini la realizzazione della scuola araba, non ha avuto finora alcuna reazione. Nemmeno per il fatto che questa scuola finisca in una sede comunale.

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