“Mi preoccupa che il coordinamento delle indagini sia affidato a Spataro. Ci vuole un altro magistrato imparziale e autorevole. Spataro su vicende di questo tipo non garantisce obiettività nelle indagini. Quindi mi auguro che la procura affidi ad altri il coordinamento delle indagini perché vogliamo la verità”. Così Gasparri il 3 ottobre a SkyTg24 a proposito delle indagini sul presunto attentato a Belpietro. Naturalmente è una sciocchezza, in linea con le altre esternazioni cui il suddetto ci ha abituati. Ma non intendo difendere l’imparzialità, la professionalità e l’indipendenza di Spataro: ogni difesa lo sminuirebbe.

Mi sembra invece importante considerare le implicazioni di quanto detto da Gasparri. Anche perché la sua non è una voce isolata: come lui la pensano B&C quasi al completo. E siccome sono loro che farfugliano di riforma della giustizia, questa linea di pensiero (diciamo così) è preoccupante. In un articolo sul riccio verde installato nella scuola di Adro ho recentemente fatto riferimento alla “concezione proprietaria delle istituzioni”: secondo Bossi avere la sede della scuola della magistratura a Bergamo è una cosa buona perché, da qui in avanti, “i giudici li educhiamo noi”. Pensiero (diciamo ancora così) condiviso da Calderoli, secondo cui in questo modo avremo “la possibilità di avere magistrati padani in Padania, mentre adesso vengono per la maggior parte da fuori”. A che possono servire a Bossi e Calderoli giudici padani educati a Bergamo?

Il prodotto del giudice

Poichè il prodotto di un giudice è la sentenza, la conclusione obbligatoria è che questo tipo di giudici dovrebbe emanare sentenze in linea con la concezione politica, sociale ed economica della Lega. Bossi e Calderoli evidentemente non si sono chiesti se queste sentenze potrebbero ancora essere definite tali; se sarebbe giusta la decisione di un giudice padano che privilegiasse le ragioni del cittadino padano nei confronti dell’extra-comunitario violando la legge (perché, se si trattasse di applicarla correttamente, non ci sarebbe bisogno di un giudice “padano”, basterebbe un giudice qualunque); se sarebbe giusta la condanna a pene differenziate per lo stesso fatto, più gravi per l’extra-comunitario (ah già, ma hanno fatto una legge apposta) e più lievi per il cittadino “padano”.

Per loro la giustizia, come è intesa nel mondo occidentale, non esiste; secondo loro, il giudice deve essere strumento della politica del governo; e dunque deve uniformarsi alle istruzioni che gli vengono impartite. Questo vuole dire Gasparri quando esprime la sua sfiducia nei confronti di Spataro. Supponiamo che si scopra che l’attentato è stata una messa in scena; che l’attentatore non è mai esistito o che era persona d’accordo con il capo della scorta, l’unico che lo ha visto; quale sarebbe la ricaduta politica di questo accertamento giudiziario sul partito di Gasparri? Quale il mancato guadagno in termini di immagine del cosiddetto partito dell’amore che si vedrebbe privato della dimostrazione concreta dell’esistenza del partito dell’odio? È dunque questa evenienza che Gasparri teme. Non perché sappia qualcosa in proposito; ma perché la complessiva stranezza della vicenda gli sarà stata pur spiegata da qualcuno abituato a pensare; e, da qui in avanti, uno come lui può benissimo procedere da solo. Ecco perché Spataro non va bene; perché si tratta di un pm che sosterrà l’accusa contro la persona che, all’esito delle indagini, crederà sia colpevole; ma che, altrettanto certamente, procederebbe per simulazione di reato e procurato allarme alle Autorità se scoprisse che si tratta di una messa in scena. Ecco, il pm che va bene a Gasparri e ai suoi associati è uno che, in questasecondaeventualità, chiude gli occhi.

Il piano delle riforme

Ma tutto questo riguarda le loro anime. Molto più preoccupante diventa la cosa quando viene calata sul piano delle riforme che i possessori di anime di questo tipo vogliono con cieca determinazione. In questo caso si tratta della separazione delle carriere tra giudici e pm. Spataro è un pm; ma è anche un magistrato. Come qualsiasi magistrato deve essere autonomo e indipendente; dunque deve essere imparziale. Come qualsiasi magistrato, può respingere ordini e suggerimenti sulla conduzione e la conclusione delle indagini e   del processo. Come qualsiasi magistrato è inamovibile: non può essere assoggettato a trasferimento o altre sanzioni per aver respinto ordini e suggerimenti. Quando e se la separazione delle carriere diventasse realtà, Spataro (se non avrà dato le dimissioni) non sarà più un magistrato: sarà un funzionario alle dipendenze del ministro della Giustizia. Dovrà eseguirne gli ordini; e, se non desse garanzie di eseguirli bene, potrebbe essere sostituito con altro di maggiore “fiducia”. Ecco come si realizzerebbe il sogno di Gasparri, di B&C e anche di Bossi e Calderoli: il Pm giusto al posto giusto. Un nume tutelare di B&C quando serve; un magistrato “padano” quando conviene; un Pm servo della politica, finalmente in grado di promuovere legittimamente “l’uso politico della giustizia” che, si capisce, è cosa ignobile; ma non se esercitato nei confronti dei loro avversari. È stato un vero peccato che quando ci hanno provato con Telekom Serbia gli sia andata male. Ma allora le carriere non erano ancora separate.

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