Oggi è la Giornata mondiale contro la pena capitale, giusto ricordarlo con forza in Italia, nei giorni di un terribile delitto per cui la “pancia” del Paese invoca i boia (succede ad Avetrana, Salento, per reazione alla violenza di cui è stata vittima Sarah Scazzi). Mentre quelli che dovrebbero essere i vertici del nostro Paese parlano di caricare di bombe i caccia in Afghanistan (il ministro La Russa per reazione ai quattro militari italiani uccisi). Proprio oggi Nessuno Tocchi Caino ha tenuto una conferenza stampa “per rilanciare fronti e obiettivi prioritari dell’iniziativa di attuazione alla linea pro-moratoria delle Nazioni Unite”.

Il primo fronte riguarda l’Africa, che è il continente dove vi è il numero più alto di Paesi abolizionisti di fatto e dove negli ultimi anni sono stati compiuti passi significativi verso l’abolizione della pena di morte. L’obiettivo di Nessuno tocchi Caino è l’abolizione nel prossimo anno in almeno altri tre Paesi africani: Benin, Gabon e Repubblica Democratica del Congo.

Il 12 ottobre, una delegazione dell’associazione Radicale sarà in Zambia, prima tappa di una missione che nelle due settimane successive interesserà altri tre Paesi africani: la Repubblica Democratica del Congo, la Repubblica del Congo e il Mali. Il secondo fronte di iniziativa riguarda il Palazzo di Vetro dove la sessione appena iniziata dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha all’ordine del giorno una nuova Risoluzione per la Moratoria Universale delle esecuzioni capitali.

Il voto sulla Risoluzione è previsto a dicembre e Nessuno tocchi Caino ha avviato un’azione di lobbying perché aumentino i cosponsor (erano stati 89 nel 2008) e i voti a favore (106 nel 2008) e perché il nuovo testo sia rafforzato su quattro punti: abolizione dei “segreti di Stato” sulla pena di morte; limitazione della pena di morte ai reati più gravi; abolizione della condanna a morte obbligatoria per certi tipi di reato; istituzione o nomina di un “Inviato Speciale” delle Nazioni Unite che abbia il mandato di favorire l’applicazione concreta della linea Onu nei Paesi che ancora praticano la pena di morte per arrivare, attraverso le moratorie, alla sua abolizione definitiva della pena capitale nel mondo. Una mozione la cui prima firmataria è la deputata radicale Elisabetta Zamparutti, per impegnare il governo italiano in tal senso, è stata approvata dalla Camera dei deputati il 6 ottobre scorso.

Nel corso della conferenza stampa è stato inoltre presentato il dossier sulla lapidazione nel mondo “Sakineh e le altre”, curato da Nessuno tocchi Caino (di cui di seguito pubblichiamo un estratto).

La Pena di morte in base alla Sharia
Impiccagione, decapitazione, fucilazione e lapidazione sono i metodi con cui viene applicata la Sharia nei Paesi a maggioranza musulmana mantenitori della pena di morte. La lapidazione è la più terribile tra le punizioni islamiche. Il condannato viene avvolto da capo a piedi in un sudario bianco e interrato. La donna viene interrata fino alle ascelle, mentre l’uomo fino alla vita. Un carico di pietre viene portato sul luogo e funzionari incaricati o in alcuni casi semplici cittadini autorizzati dalle autorità, effettuano la lapidazione. Le pietre non devono essere così grandi da provocare la morte con uno o due colpi in modo da poter provocare una morte lenta e dolorosa. Se il condannato riesce in qualche modo a sopravvivere alla lapidazione, verrà imprigionato per almeno 15 anni ma non verrà giustiziato. Nel 2009 e nei primi nove mesi del 2010, sono state emesse condanne a morte tramite lapidazione solo in Iran, dove un uomo condannato per adulterio è stato effettivamente lapidato il 5 marzo del 2009.

Almeno tre persone sono state lapidate in Somalia nel 2009 e un’altra nel 2010, ma erano state condannate a morte in via extra-giudiziaria da un tribunale islamico per aver praticato sesso extra-matrimoniale. Altre lapidazioni per adulterio sono state effettuate nel 2010 in Afghanistan e in Pakistan, ma a opera dei Talebani in zone da loro controllate. Sta di fatto che l’Iran è il solo Paese al mondo a effettuare lapidazioni e, a differenza di quanto sostengono le autorità iraniane, ciò avviene con una certa frequenza.

Dal 2006 a oggi la lapidazione è stata praticata almeno una volta all’anno per un totale di almeno sette esecuzioni, l’ultima delle quali effettuata il 5 marzo del 2009 nei confronti di un uomo condannato per adulterio. Attualmente le persone detenute nelle prigioni iraniane a rischio di lapidazione sono 14, di cui 3 sono uomini e 11 donne, compresa Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna accusata di adulterio e di complicità nell’omicidio del marito al centro di una sempre più crescente attenzione e mobilitazione internazionali. I numeri su riportati sono molto probabilmente inferiori ai dati reali, sia perché la maggior parte delle condanne alla lapidazione emesse dalle autorità iraniane avvengono segretamente sia a causa della mancanza di accesso alle informazioni in molte prigioni dell’Iran.

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