Lavoro, diritti e precarietà. Sono queste le parole d’ordine della due giorni di convegni, dibattiti e workshop in corso all’Arci Bellezza di Milano. Le giornate sono organizzate da Intelligence precaria (Ip), un network di associazioni, lavoratori e ricercatori che convergono sul sito internet Precaria.org. Gli stessi che da più di dieci anni organizzano la May Day Parade, il corteo che ogni primo maggio invade il capoluogo lombardo a ritmo di musica e di parole sulle condizioni lavorative e di vita di una fetta sempre maggiore della società italiana.

Come spiegano gli organizzatori, gli stati generali sono il tentativo di mettere in rete una serie di esperienze che trovano il loro denominatore nella precarietà. Una situazione che – tengono a specificare – va ben oltre quei lavoratori con dei contratti di lavoro a tempo determinato (che secondo una stima de lavoce.info sono circa tre milioni e mezzo). Al contrario i precari sono coloro i quali non hanno accesso né a un reddito continuativo né a una forma di welfare nei momenti di non lavoro: dalle partita iva con committenti unici agli esternalizzati che poi vengono licenziati, dall’esercito di oltre due milioni di lavoratori in nero fino ai cittadini immigrati. Un numero difficile da calcolare, ma almeno due volte superiore a quello formulato dagli economisti de lavoce.info.

L’obiettivo dell’iniziativa è di condividere tutte l’esperienze di comunicazione e lotta che, a partire dalla prima May Day del maggio 2001, hanno provato a portare alla ribalta una generazione di senza diritti.

Gli incontri sono dedicati a una serie di argomenti: da una proposta innovativa di stato sociale, a nuove forme di organizzazione, come boicottaggi, vertenze legali, “cospirazioni precarie” e campagne di comunicazione virali su Internet. Come spiega Massimo Laratro, avvocato del lavoro del Punto San Precario, “le società di telefonia spendono oltre il 35% dei loro bilanci in marketing. Quando abbiamo difeso gli operatori dei call center di Wind-Omnia, prima esternalizzati e poi licenziati, l’azienda ha dovuto spendere 19 milioni di euro in più in campagne di comunicazione per rispondere ai nostri attacchi mediatici”.

Laratro tiene a marcare la differenza del loro modo di agire con quello dei sindacati: “Sono organizzazioni elefantiache, che non comprendono come le vertenze oramai non bastino più. Non capiscono il ruolo della comunicazione virale su Internet, né hanno la volontà politica di farlo”.

Nell’attuale mercato globale, le aziende non vendono più solo prodotti, ma brand, stili di vita, immaginari collettivi. E’ per questo che secondo i legali del Punto San Precario la causa di lavoro può essere solo la testa d’ariete di una battaglia che deve comprendere molte altre “azioni cospiratorie”.

Dal 2004 si sono rivolti più di mille lavoratori allo sportello per un totale di circa 500 cause, di cui più del 50% vinte. Spiega Laratro: “Quando dei lavoratori lasciati soli dal sindacato si rivolgono a noi, oltre a rappresentarli gratuitamente in sede legale, cerchiamo di pensare tutti assieme a delle azioni virali che danneggino l’immagine dell’azienda in questione in modo che sia più propensa a scendere a patti”. E’ il caso di 20 lavoratori di Mondial Assistance che, dopo una serie di rinnovi contrattuali a tempo determinato, sono stati lasciati a casa. Dopo essersi rivolti al pool di San Precario, hanno messo online un sito falso dell’azienda in cui denunciavano le condizioni di lavoro e i licenziamenti che consideravano ingiusti. Nel frattempo i contratti sono stati impugnati davanti al tribunale di Milano e lo scorso settembre tutti e venti sono stati reintegrati a tempo indeterminato.

“Non vinciamo sempre. A volte ci siamo presi anche delle sonore sconfitte – spiega l’avvocato del lavoro – ma quello che siamo riusciti a fare è di inventare un nuovo modo di fare valere i diritti dei precari. E costringiamo i sindacati e aziende a misurarsi sul nostro livello”.

Non solo lavoro ma anche reddito e diritti di cittadinanza. Secondo gli attivisti di Intelligence precaria sono proprio i diritti che mancano fra un contratto e l’altro. La loro proposta si chiama welfare metropolitano. Il welfare non è solo elargire denaro – spiegano gli attivisti – ma anche diritti, in modo che ai precari sia concesso di disinnescare il ricatto cui sono sottoposti quando firmano un contratto”.

Grazie al sostegno di questa forma di stato sociale, i lavoratori possono essere in grado di rifiutare quegli incarichi che ad esempio non prevedono malattie, maternità o che sono pagati troppo male.

Il welfare metropolitano chiede continuità di reddito e accesso a quei beni e servizi in grado di consentire la piena partecipazione alla vita sociale della propria comunità (dal servizio sanitario alla connessione a Internet).

Come recita la campagna “Welfare for life” (che fa il verso al concorso a premi Win for Life): “per combattere la precarietà, per unire le generazioni serve un nuovo welfare, serve un’idea nuova di civiltà”.

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