Più che un “buongiorno”, ha tutta l’aria di un addio. La dirigenza Rai ha annunciato qualche giorno fa la cancellazione della rubrica di informazione settimanale “Buongiorno Europa” dal palinsesto di Rai 3. La rubrica, nata dalla redazione del Tgr Rai di Milano nel 1991, offriva un’analisi degli argomenti d’attualità con una prospettiva internazionale grazie anche al contributo dei corrispondenti Rai dalle capitali europee. La rubrica, curata da Ezio Trussoni e Paolo Pardini costituiva una delle pochissime finestre informative dedicate esclusivamente all’Europa nel servizio pubblico di informazione italiano. Secondo un monitoraggio dell’Osservatorio sui media di Pavia, condotto nei primi 4 mesi del 2008 su un campione di 21 emittenti radiotelevisive, il tempo dedicato all’Ue è stato solo del 3% e proprio Rai3 è risultato il canale più “europeo”.

La decisione di viale Mazzini ha scatenato la reazione del Movimento Federalista Europeo fondato da Altiero Spinelli nel 1943 che ha scritto al Presidente della Rai Paolo Garimberti e al consiglio di amministrazione Rai affinché tornino sui loro passi. “Riteniamo questa decisione estremamente grave. Nonostante il fatto che l’Unione europea giochi un ruolo sempre più importante nella vita dei cittadini europei e dunque italiani, in Italia le notizie sull’Europa trovano invece pochissimo spazio nei media e sulla stampa”. La lettera è stata sottoscritta da importanti personalità del mondo della cultura, della politica e dell’associazionismo italiano come Vittorio Agnoletto (ex europarlamentare), Monica Frassoni (Presidente Verdi europei) e Giuseppe Giulietti (Articolo 21). Anche numerosi parlamentari europei, appartenenti a diversi schieramenti (dal Pdl al Pd, all’Idv), hanno aderito all’iniziativa.

La cancellazione di Buongiorno Europa dal palinsesto Rai riflette un preoccupante calo di interesse dei media nazionali nei confronti dell’Ue, riscontrabile anche dalla riduzione del numero dei giornalisti italiani, ma anche stranieri, accreditati presso le istituzioni europee a Bruxelles. Secondo dati dell’Associazione della stampa estera a Bruxelles (API) nel 2005 i giornalisti stranieri a Bruxelles erano 1300, oggi solo 752. Pier Soldati, responsabile dell’ufficio accrediti della Commissione europea, riferisce che nell’ultimo anno molti giornalisti non sono nemmeno passati a ritirare la propria tessera. Un calo di interesse inspiegabile se si considera che con il nuovo trattato di Lisbona entrato in vigore le competenze dell’UE aumentano notevolmente. Un’incongruenza notata anche da un autorevole quotidiano straniero come il New York Times che in un articolo ha messo in rilievo come “mentre l’Europa si allarga, l’interesse per l’Europa si restringe”.

Questo calo di interesse non è sfuggito al Parlamento europeo, che nella sessione di Strasburgo del 7 settembre ha votato una relazione su “giornalismo e nuovi media” intesa a creare una sfera pubblica in Europa. Nel testo redatto dall’eurodeputato danese liberale Morten Lokkegaaard si legge chiaramente che il “Protocollo di Amsterdam incoraggia gli Stati membri a includere la copertura dell’UE al momento di determinare il mandato delle emittenti del servizio pubblico”. Inoltre viene sottolineato come “le emittenti del servizio pubblico nazionale e regionale abbiano una particolare responsabilità nell’informare il pubblico circa le politiche UE”. Poi aggiunge anche che “gli Stati membri dovrebbero garantire l’indipendenza delle emittenti e del servizio pubblico”. Come si dice, il condizionale è d’obbligo.

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