Millequattrocento commenti, e la discussione non è ancora finita. L’ultimo mio post su Hawking e l’ateismo ha sollevato un putiferio senza precedenti, e non posso che ringraziare di cuore tutti gli intervenuti, compresi i tantissimi (forse la maggioranza) che mi hanno ricoperto di contumelie. E poi dicono che la religione non interessa a nessuno, che viviamo in un’epoca di nichilismo e di aridità spirituale. Altro che. Il nome di Dio, per chi crede come per chi non crede, è ancora capace di scatenare grandi passioni: non soltanto distruttive o criminali come quelle che vediamo all’opera nel Pakistan dei mullah o nella Florida del reverendo Jones, ma anche sane passioni intellettuali.

Devo dire, con un certo rammarico, che alcuni dei commenti più acuti sono venuti proprio da lettori credenti, mentre alcune delle castronerie più sesquipedali sono state scritte da sedicenti razionalisti, che pretendono di saper usare il cervello meglio degli altri. Molti di quelli che mi accusano di non aver letto Dawkins, per esempio, dimostrano di averlo forse letto, ma non capito: uno che definisce la religione una “malattia mentale” , un virus, un “vizio” di cui bisogna liberarsi, e che si considera investito della missione di aprire gli occhi a chi è stato “imbottito” di false credenze, per conto mio, non è un laico razionalista, ma un integralista fanatico come quelli che dice di voler combattere. E quelli tra voi che paragonano i sacerdoti, di qualunque fede, a Wanna Marchi o agli aguzzini della Santa Inquisizione, sono accecati dal pregiudizio, avrebbero bisogno loro, forse, di un bravo strizzacervelli. La fede in Dio non è sempre un segno di stupidità o di ignoranza, così come l’ateismo non è di per sé sinonimo di intelligenza. La storia è piena di grandi geni credenti, da Pascal a Galileo e Newton, e di grandi imbecilli, o di grandi criminali atei, a cominciare da Stalin. E chi sostiene, come Dawkins, che tutte le guerre che insanguinano il mondo siano conflitti religiosi, non sa (o finge di non sapere) nulla di geopolitica.

La verità, a me sembra, è che la religione, per molti laici, è rimasto l’ultimo tabù. La generazione del Sessantotto ha infranto il tabù del sesso imposto da genitori ipocriti e bacchettoni. I figli e nipoti dei sessantottini sono stati allevati in famiglie dove la religione era un argomento proibito o rimosso, proprio come il sesso nelle famiglie degli anni Cinquanta. C’è un bigottismo, un puritanesimo laico, che respinge la problematica religiosa come pura superstizione, come un’eredità medievale, e in tal modo cede interamente il monopolio della spiritualità ai vari monsignor Fisichella e a Comunione e Liberazione.

Se volete, mi unisco al coro, d’ora in poi scrivo soltanto post contro Ratzinger, i preti pedofili, l’oscurantismo antiscientifico della Chiesa e le ingerenze clericali. L’ho già fatto tante volte in passato, nei miei articoli e nei miei libri, e sono pronto a rifarlo. Non mi costa nulla e raccoglierei solo applausi. Ma non sarebbe molto utile, visto che sul Fatto Quotidiano ci sono già numerose voci più autorevoli della mia che portano avanti questa battaglia.

E allora lasciatemi fare il Bastian Contrario. Datemi retta, bisogna rompere il tabù. Se non ci facciamo, anche noi laici e miscredenti, un po’ di cultura religiosa, se ci vergogniamo di entrare in una libreria delle Paoline peggio che in un sexy shop, se non ci sporchiamo le mani sfogliando i loro libri, i loro giornali, se continuiamo a dileggiare chi va in chiesa come un demente da sottoporre a terapia psichiatrica, non saremo mai in grado di contrastare il fondamentalismo. Anzi, faremo il gioco dei vari reverendi Jones. I cristiani e i cattolici, inclusi quelli democratici e liberali che sono più numerosi di quanto si pensi, ci vedranno come dei nemici e si ricompatteranno sotto le bandiere della Cei e di Cielle, o magari dei sindaci leghisti che imbullonano il crocifisso ai muri delle aule, invece di allearsi con noi nella battaglia per un paese più civile e più libero.

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