PARMALAT: un crac da quattordci miliardi

Il crac Parmalat è il più colossale scandalo societario in Europa. Alla fine del 2003 il buco che Calisto Tanzi lasciava dietro di sé era di 14 miliardi di euro. Una crisi che affondava nella Prima Repubblica, senza che nessuno si fosse accorto di niente, neppure a metà degli anni Novanta quando la società di Collecchio ottenne 650 miliardi di lire dalla Cassa di risparmio di Parma e altri 90 dal Monte dei Paschi di Siena. Solo nel 2004 il governatore di Banchitalia Fazio ammise che tutti sapevano.

Tanzi era amico di De Mita e su suo consiglio avviò una serie di iniziative che culminarono nel 1984 con l’apertura di uno stabilimento a Nusco. La fabbrica era troppo lontana dall’autostrada (40 km) e troppo vicina a una discarica di rifiuti tossici. Per tamponare la falla il patron di Colecchio ricorse alla legge 216 (post terremoto in Irpinia) chiese aiuti per 8 miliardi, ne ottenne 11. Senza i politici un imprenditore è perduto, pensava Calisto, così comprò la Margherita yogurt, indebitatissima, su consiglio di Cossiga. Poi la Cipro Sicilia (150 miliardi di debiti) per far contento Mannino, infine aprì stabilimenti in Costarica su sollecitazione di Donatella Dini.

Quando crollò la Prima Repubblica finanziò la campagna elettorale di Berlusconi rinunciando allo sconto previsto da Mediaset per la pubblicità delle grandi aziende. Arrivò a finanziare le banche per ottenere crediti, fin quando non è stato arrestato e condannato a 10 anni di carcere. Bancarotta fraudolenta. A restare a terra sono stati i piccoli azionisti che ignari avevano acquistato i “bond”. Grazie al decreto “salva-imprese” Parmalat non fallì, il danno si limitò all’azzeramento azionario. (r.d.g)

PROTEZIONE CIVILE: Quel sistema gelatinoso

La “cricca”, parola ormai entrata nell’uso corrente, fu usata dal gip di Firenze Rosario Lupo per descrivere il sistema di corruzione che ha governato gli appalti della Maddalena e la ricostruzione a L’Aquila. Dagli appartamenti di Angelo Balducci, alle piscine di Anemone, agli imprenditori che la notte del 6 aprile, durante il terremoto in Abruzzo, ridono pensando agli appalti.

La cricca funzionava così. Da un lato Angelo Balducci e Fabio De Santis, pubblici ufficiali incaricati dei “Grandi eventi” (dai mondiali di nuoto 2009, al G8 della Maddalena, ai 150 anni dell’Unità d’Italia), dall’altro il costruttore Diego Anemone cui avevano “asservito” il loro incarico pubblico. Un asservimento da cui ricavavano benefit milionari come favori minimi. Tutto dovuto. Un sistema : “gelatinoso” come lo definiva anche uno dei protagonisti dello scandalo, rimasto fuori dal giro.

Una gelatina che avvolgeva gli uffici della Ferratella (sede del Dipartimento) ma in grado di estendersi ovunque, anche alla procura di Roma dove la cricca poteva contare su un amico importante, il procuratore aggiunto Achille Toro che da anni li informava quando le indagini rischiavano di inceppare quella macchina così perfetta.. Cricca, combriccola, banda di banditi in cui è rimasto impigliato anche Guido Bertolaso, l’uomo del miracolo, onnipresente in ogni calamità. Anche lui frequentava le piscine di Anemone, ma solo per farsi massaggiare la schiena “incriccata” dal troppo lavoro. “È inquietante-scrive il gip- che sussistano rapporti di collusione tra l’introdotto Anemone e il potente sottosegretario Bertolaso uso frequentare le sue strutture di relax”. (r.d.g.)

PROCESSO BERLUSCONI, FININVEST, ALLA IBERIAN: 600mila dollari per l’avvocato Mills

David Mills oggi sarebbe un falso testimone corrotto “nell’interesse di Silvio Berlusconi” e condannato. Invece che “ prescritto” grazie a una delle leggi ad personam, la ex Cirielli. È la norma del 2005 che ha accorciato i tempi di prescrizione. La corruzione in atti giudiziari, l’accusa per Mills e per il premier, non si persegue più dopo 10 anni. Invece in precedenza dopo 15. L’avvocato inglese, condannato dai giudici di Milano di primo grado e d’appello a 4 anni e 6 mesi, se l’è cavata in Cassazione soltanto per 66 giorni.

Ma se non ci fosse stata la ex Cirielli avrebbe avuto confermata la pena. I giudici di merito gliel’hanno inflitta per essere stato un testimone falso o reticente, in cambio di 600 mila dollari, ai processi a carico di Berlusconi, Fininvest-Gdf del novembre ’97 e All Iberian del gennaio ’98. Per le bugie ben remunerate del legale, Berlusconi era suo coimputato come presunto corruttore. Ma il lodo Alfano ha separato il destino dei due. Il processo è continuato solo per Mills mentre la posizione di Berlusconi è stata stralciata.

Congelato per oltre un anno, il processo a carico del premier è ripreso a fine 2009 dopo che la Consulta ha bocciato lo “ scudo” . Ma per poco. Il Pdl ( compreso dei finiani) e la Lega, hanno votato il legittimo impedimento ad premier e ministri che ha messo nel congelatore nuovamente i suoi processi. Anche quello sulla compravendita dei diritti tv Mediaset. In questo caso Berlusconi è imputato di frode fiscale. Attualmente, per molti meno episodi che all’origine del procedimento. Sempre grazie alla ex Cirielli infatti, la prescrizione per il falso in bilancio è passata da 15 anni a 7 anni e mezzo. (Anto. Masc.)

LA NUOVA LOGGIA: Banche, eolico e favori

La P3 è una società segreta, anzi secondo i pm romani Capaldo e Sabelli un “gruppo di potere occulto che mira a condizionare le istituzioni attraverso corruzione, abuso d’ ufficio, violenza privata e diffamazione”. Una super loggia che accoglie anche persone legate alla criminalità organizzata. Il più alto in grado finora individuato sarebbe il senatore Marcello Dell’Utri, uomo politico e d’affari, ma anche condannato in secondo grado a sette anni di carcere per concorso in associazione mafiosa.

Insomma la P3 ricorda molto la P2 e potrebbe avere una “piramide superiore”. E. poiché le riunioni si svolgevano nell’abitazione romana del coordinatore del Pdl Denis Verdini, la “societas sceleris” era in grado di muoversi a livello di governo non senza ambiziosi progetti. Come quello di influire sulla decisione dei giudici della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano. Quanto agli affari un vistoso intreccio di interessi conduce a quel Credito Cooperativo Fiorentino, di cui proprio Verdini è stato presidente fino quando Bankitalia non ha deciso di commissariare l’istituto, già oggetto di indagine parte delle procure di Firenze e Perugia.

Operazioni finanziarie sospette, prestanome, assegni in odor di tangenti accomunano le indagini sulla Protezione Civile e sulla P3 che utilizzava la banca in vista del business eolico. E chi troviamo dietro? Il vecchio Flavio Carboni, socio di Berlusconi ai tempi di Olbia 2, ancora in carcere dal 7 luglio insieme a Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, (quest’ultimo amico del papà di Noemi). Un giro stretto, tutti o quasi sono amici del premier o uomini del suo governo. C’è anche il sottosegretario Caliendo. (r.d.g.)

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da Il Fatto quotidiano dell’11 settembre 2010

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