Mentre in tanti continuano ad appassionarsi al dibattito sulla legge elettorale, compresi anche le vestali che nei decenni che abbiamo alle spalle ogni mattina ci facevano sorbire caffè e cornetto con la spiegazione che la democrazia sarebbe divenuta più matura in un sistema all’inglese. Senonché poi Uòlter, l’americano, ha spinto oltre, e ha pensato che da Londra si potesse passare addirittura a Washington: Yes I can!, ha esclamato Uòlter per diversi mesi e tanti italiani con un sorrisetto ammiccante ci hanno pure creduto. Infine però è arrivato il disastro! Adesso noi, assai più modestamente, vogliamo cominciare a lasciare qualche scarno appunto per i giorni successivi al voto; e sì, perché prima o poi si voterà, qualunque sia la legge elettorale.

Allora cominciamo con politica e legalità. I condannati o i rinviati a giudizio per reati di mafia o contro la P.A. o contro l’Amministrazione della giustizia non vengano candidati dai partiti. Se alcuni di questi lo faranno – e lo faranno – tutte le altre rappresentanze parlamentari conducano una battaglia politica perché almeno non rivestano cariche di governo (capo del governo, ministro o sottosegretario) o nel prossimo parlamento non ricoprano cariche di vertice: presidenti di camere, presidenti di commissione.

Gli stessi condannati o rinviati a giudizio non vengano poi nominati componenti delle commissioni di inchiesta, a cominciare da quella per eccellenza, cioè la commissione nazionale antimafia. Quando lo proposi nella scorsa legislatura scoppiò un putiferio impressionante. Tutti a spiegarmi che non potevo, autorevoli colleghi a riprendermi citando fior di dottrina di costituzionalisti… Insomma linciato come attentatore alle prerogative costituzionali di un parlamentare, non feci però una piega e portai in aula l’emendamento: raccolsi soltanto 21 voti favorevoli su 630, 15 del mio gruppo parlamentare e 6 anime belle, sparse qua e là tra i banchi di Monetcitorio!

Allora, chi sottoscrive già questo impegno?

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