Le trame salva-premier sono in pieno svolgimento e a condurre il gioco sono in campo Niccolò Ghedini e Cesare Previti. Allo studio un “decreto” o una “leggina” per mantenere nel congelatore i suoi procedimenti, dato il varo incerto del processo breve. Su questo provvedimento si consumerà il confronto tra il Pdl e i finiani alla riapertura del Parlamento. Il governo vuole testare la fedeltà degli esponenti di “Futuro e libertà” e la conseguente tenuta della maggioranza. Ma nelle stanze di Arcore si sta progettando un piano di riserva nell’eventualità che il premier non riesca a ottenere i voti dei centristi, qualora i finiani decidessero, come dicono, di non votare questa ennesima legge ad personam, che ammazzerà decine di migliaia di procedimenti. Ghedini, sostenuto dai consigli di Previti, rientrato in grande stile all’ombra del premier, pensa a tre via d’uscita.

La prima (che circola tra i membri della commissione Giustizia della Camera di sponda con quella del Senato), è quella di un altro scudo antiprocessi Mediaset e Mills, che ricalca il legittimo impedimento ad premier e ministri a rischio bocciatura della Consulta prima di Natale.

La seconda, la più clamorosa, sarebbe quella sostanzialmente di trasformare la norma transitoria del processo breve in un decreto legge. Ovvero si vorrebbe stabilire con effetto immediato l’estinzione dei processi in corso di primo grado che non siano andati a sentenza, a 3 anni dalla richiesta di rinvio a giudizio. Come Mediaset e Mills.

Infine la terza ipotesi all’esame è l’inutilizzabilità delle sentenze di Cassazione in processi con imputati di reato connesso, come nel caso Mills.

Tutto questo mentre la battaglia politica dentro la maggioranza va avanti senza sconti. L’esecutivo ha confermato che sul fronte del processo breve non è contemplata alcuna possibilità di discussione, nonostante le perplessità del Quirinale. “La Camera – ha ribattuto Italo Bocchino – non è un ufficio notarile. Siamo favorevoli a uno scudo giudiziario per Berlusconi, che è vittima di una aggressione, ma non si può far venir meno 4-5 mila processi”, aggiunge il capogruppo di Fli. E  Fabrizio Cicchitto, di rimando: “I cittadini hanno diritto a una giustizia certa e rapida”. Ma a un Cavaliere sempre più debole preme solo portare a casa la salvezza giudiziaria. Ovviamente i suoi disegni oscuri potrebbero risultare in netto contrasto con i voleri del capo dello Stato. I sodali del premier però sono convinti di far “digerire” a Napolitano anche l’eventuale decreto (che scade dopo 60 giorni se non convertito in legge), usando strumentalmente i numerosi richiami della Commissione europea sui tempi lunghi della giustizia in Italia. E spacciando il provvedimento come a favore dei cittadini e propedeutico alla riforma della Giustizia. Anche in questo caso, come nel passato, però, i fedelissimi del presidente del Consiglio potrebbero agitare lo spettro del decreto per ottenere dal Quirinale una soluzione considerata “al ribasso”: la normativa sull’inutilizzabilità delle sentenze di Cassazione, comunque dalle gravi ripercussioni sui dibattimenti, perché contribuiscono alla costituzione delle prove. Ma che farebbe nascere una chance per Berlusconi di essere assolto al processo Mills.

Dietro questi disegni infatti c’è la disperazione del premier rappresentata dal legale inglese. O meglio, dal processo di Milano in cui è imputato di corruzione in atti giudiziari perché avrebbe “regalato” all’avvocato 600 mila dollari per le balle o le cose taciute dall’“architetto” delle sue società offshore ai processi Fininvest-Gdf e All Iberian. Insomma per “aver evitato a mister B. un mare di guai”, come ha scritto in una lettera-confessione (salvo poi ritrattarla) lo stesso Mills. Per quel processo, com’è noto, il legale è stato riconosciuto colpevole, anche se è stato graziato in Cassazione dalla prescrizione. Dunque quella sentenza è molto pesante per Berlusconi. Che avrebbe potuto avere lo stesso destino di Mills se la sua posizione non fosse stata stralciata e congelata dal lodo Alfano, poi bocciato dalla Consulta a ottobre dell’anno scorso. Il riavvio del processo al Cavaliere per corruzione in atti giudiziari però è durato poche udienze. L’ibernazione questa volta c’è stata grazie al legittimo impedimento. Ma è una legge a tempo (18 mesi), approvata in attesa del lodo Alfano costituzionale. Che avrà tempi lunghi.
Ecco perché Berlusconi ha l’incubo della Consulta che dovrà esaminare l’ultima legge ad hoc il prossimo 14 dicembre con buone probabilità che la respinga. Se sarà dichiarato incostituzionale anche questo scudo con il timer (scadenza naturale ottobre 2011), il re è nudo. Diventa un imputato – per di più contumace – come tutti gli altri. E il processo Mills, avendo lui come unico imputato, potrebbe viaggiare spedito verso il verdetto. Una parola che il Cavaliere non vuole neppure sentire. Anche se è cosciente che non ci sarà mai una sentenza definitiva né per questo processo e neppure per quello Mediaset. Una delle leggi cosiddette vergogna, la ex Cirielli, lo salverà comunque. È la normativa approvata nel 2005 che ha accorciato i tempi della prescrizione. Un esempio a caso, corruzione in atti giudiziari: la prescrizione è passata da 15 a 10 anni.

di Antonella Mascali e Sara Nicoli

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