È una storia di documenti che scottano, di talpe, libertari informatici e nuove frontiere della comunicazione. Ma il tecno-giallo internazionale che ruota intorno a Wikileaks, è anche una storia di persone, di civili uccisi in operazioni militari e di due uomini sconosciuti l’uno all’altro ed entrati in contatto solo grazie ad una connessione criptata. Il primo, ormai noto, è Julian Assange. Il secondo, esperto informatico dichiaratamente omosessuale, è il soldato 22enne Bradley Manning (nella foto), ora detenuto in una base militare della Virginia dove rischia di rimanere fino alla veneranda età di 74 anni.

Di Julian Assange, hacker, giornalista e fondatore di Wikileaks, si racconta un’infanzia simile a quella di un giostraio, o di un mangiatore di coltelli in un circo. “I suoi genitori – spiega il Guardian – avevano una compagnia teatrale itinerante e Julian ha dovuto frequentare 37 scuole diverse”. In tutto e per tutto anomala e alternativa la famiglia Assange: “La madre era comunque convinta che la scuola incoraggiasse la deferenza verso le autorità e l’ha fatto studiare soprattutto a casa” aggiunge il quotidiano britannico nel suo reportage (tradotto nell’ultimo numero di Internazionale)

Ora che di anni ne ha 39, ed è diventato noto in tutto il mondo per la sua attività di whistleblower, di “soffiatore di fischietto”, Assange continua a vivere in giro per il mondo senza mai fermarsi: non si sa dove sia, come si sposti, dove dorma. Si sa solo che riesce a far perdere le sue tracce nonostante la chioma canuta che lo fa assomigliare al personaggio dei fumetti Nathan Never, e che comunica con il suo staff solo con mail cifrate.

Se il suo Wikileaks è diventato velocemente simbolo di un nuovo modo di fare informazione, di un giornalismo che si affida a fonti anonime e documenti “crudi” per denunciare le violazione dei diritti umani nel mondo, lo si deve soprattutto al colpaccio messo a segno il 5 aprile scorso. Si tratta della pubblicazione di alcuni documenti dell’intelligence Usa e in particolare di un video “collateral murder” che documenta una strage di civili dell’esercito americano a Bagadad: morirono in 11 compresi due reporter della Reuters (dall’elicottero Apache i militari avevano scambiato delle macchine fotografiche per delle armi).

Ed ecco che nella vicenda entra in scena il soldato Bradley Manning. Assange non ha mai confermato che sia stato il giovane “analista informatico” dell’esercito a passare i documenti riservati ed il video a Wikileaks. Ma molte sono le prove a suo carico tanto che anche la campagna internazionale partita a sua difesa, sembra più improntata ad illuminare con una luce positiva il suo gesto, che a discolparlo dalle accuse che gli vengono rivolte.

Bradley, classe 1987, nasce nell’Oklahoma. Come raccontato dal New York Times, dopo un’infanzia da nerd introverso, entra nell’esercito come analista dell’intelligence. Nel 2008 una visita a Cambridge, nel Massachusetts, cambia la sua vita. Lo scopo del viaggio è quello di incontrare un uomo che ama (una “drag-queen” si auto-definisce il suo compagno). Ma nel fertile contesto universitario della East Coast, dove ha sede anche il Mit, Massachusetts Institute of Technology, tempio dell’informatica e della cultura hacker, il giovane stringe contatti nel contesto libertario, favorevole allo scambio di informazioni e pacifista che da sempre contraddistingue il movimento degli informatici.

Arriviamo così alla storia recente. Il 21 maggio, Manning inizia via chat una discussione con l’ex hacker e giornalista Adrian Lamo. In queste conversazioni, pubblicate poi da Wired.com, Manning mostra tutto il suo disagio per il lavoro al quale è assegnato (“E’ così che il primo mondo sfrutta e sottomette il terzo mondo” un suo messaggio), ammette di aver accesso a documenti molto riservati e confessa di essere stato lui a passare i documenti e il video incriminato a Wikileaks: “Voglio che si sappia la verità perchè se la gente ignora come stanno realmente le cose, non può formarsi un’opinione informata” (parole, queste, che ricordano molto un vecchio slogan hacker: “Information wants to be free!”).

Lamo, che probabilmente ha raccolto questa confessione non esplicitando i suoi scopi, passa quindi i record delle chat all’esercito dichiarando di aver individuato un’elevata pericolosità nel comportamento di Manning. L’Us Army, imbufalito per la fuga di notizie, emette ben otto capi di imputazione per la supposta gola profonda. Il giovane militare viene accusato di “aver trasferito materiale riservato sul suo computer” e aver “comunicato, trasmesso e consegnato informazioni sulla difesa nazionale a fonti non autorizzate”. Arrestato e rinchiuso in una prigione militare a Bagdad il 6 giugno scorso, Manning viene poi trasportato in una base dei marine a Quantico, Virginia, dov’è tutt’ora detenuto. Rischia 52 anni di carcere.

Wikileaks, che è fiera di non aver mai rivelato una delle sue fonti (chiunque può inviare documenti al sito attraverso una cassetta elettronica di posta criptata), ha smentito che fosse Manning la sua fonte. Ma ha anche aggiunto che, se fosse stato davvero lui, dovrebbe essere considerato “un eroe nazionale”. Così sembra pensarla anche un gruppo di cittadini che si sta mobilitando in tutti gli Stati Uniti: il 16 agosto scorso un centinaio di persone si sono ritrovate a Times Square, a New York, per chiedere la sua liberazione. E così la pensa anche il gruppo di cittadini che su Internet ha formato il Bradley Manning Support Group. “Rivelare crimini di guerra non è un reato” dicono. Dello stesso parere una stella mondiale del peso di Michael Moore, il regista di Bowling at Columbine e di Fahrenheit 9/11. “Manning è stato coraggioso, il suo è un atto patriottico” ha dichiarato il regista che ha anche aggiunto “dobbiamo difendere quello che i fondatori degli Stati Uniti consideravano un valore fondamentale: la libertà di stampa”. Moore ha anche annunciato una donazione di 5000 dollari per le spese legali di Mannging: altri fondi arriveranno da Wikileaks ed è stata anche aperta una sottoscrizione pubblica online.

Il processo comincerà presto. E’ difficile che la giustizia Usa e l’amministrazione americana rinunceranno ad infliggere una condanna esemplare al giovane soldato. Ma mentre Internet offre nuove opportunità per il disvelamento di verità scomode, Bradley Manning anche da condannato può diventare un simbolo per tutti coloro che considerano una priorità l’informazione dei cittadini rispetto alla segretezza dei governi; se in alcuni casi gli arcana imperii possono servire per proteggere un paese, proprio i segreti di stato rimangono il luogo ideale nel quale insabbiare crimini e violazioni dei diritti umani. La battaglia sul futuro della democrazia, c’è da scommeterci, si giocherà anche su questo inedito campo di battaglia.

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