Meta’ dei paesi europei non ha ancora messo in atto le norme Ue che consentono la confisca dei beni mafiosi e criminali all’estero, mentre nella maggior parte degli stati in cui queste sono in vigore ci sono tutta una serie di ostacoli giudiziari e burocratici che di fatto rendono difficile il recupero dei proventi di attività illegali. E’ l’allarme lanciato dalla Commissione europea e contenuto in un rapporto annuale pubblicato oggi, da cui emerge che solo 13 stati su 27 hanno adottato la normativa Ue sulla confisca dei beni mafiosi all’estero, e di questi solo 3 riconoscono automaticamente la richiesta avanzata dalle autorità giudiziarie di un altro paese Ue senza opporre ulteriori formalità legali.

L’Italia è tra i 14 paesi Ue che ancora non ha trasposto nella legislazione nazionale le norme europee in materia ma in cui il processo è in corso, si legge nel rapporto di Bruxelles. Nella stessa situazione, ci sono anche Francia, Spagna, Belgio, Grecia, Cipro e Lituania. Nessuna notifica invece da parte di Gran Bretagna, Lussemburgo e Malta, ma anche Svezia, Slovacchia, Estonia e Bulgaria. I tre paesi più  virtuosi sono invece Olanda, Portogallo e Irlanda, gli unici ad avere attuato le norme di Bruxelles nel pieno rispetto del loro spirito, rendendo automaticamente possibile la confisca dei beni su richiesta delle autorita’ nazionali competenti.

“In un periodo di crisi economica duole constatare che gli stati membri dell’Ue si lasciano sfuggire miliardi di euro provenienti da attività illecite, nonostante quattro anni fa i governi abbiano trovato un accordo relativo all’adozione di misure di confisca”, ha affermato la commissaria europea alla giustizia Viviane Reding. I governi dei paesi Ue avevano infatti adottato una decisione quadro sulla confisca dei beni mafiosi e criminali nell’ottobre 2006, e Bruxelles aveva dato due anni di tempo, sino al novembre 2008, per l’attuazione concreta delle norme.

Ma la Commissione, a differenza degli altri ambiti legislativi, non potrà prendere provvedimenti nei confronti dei “cattivi scolari” come l’apertura di procedure di infrazione. Bruxelles potrà cominciare ad agire solo nel 2014, quando terminerà il periodo transitorio previsto dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona che dà all’esecutivo Ue poteri anche in materia di giustizia. Per questo, secondo la Reding è necessario che si sviluppi “maggiore fiducia” tra i sistemi giudiziari dei diversi stati membri. L’Olanda, uno dei soli 3 paesi che ha adottato la legislazione Ue integralmente, ha inviato agli altri stati europei ben 121 richieste di confisca per un totale di 20 milioni di euro nel periodo che va da aprile, quando la legge e’ entrata in vigore a livello nazionale, ad oggi. La commissaria Ue ha quindi invitato da Bruxelles gli stati membri a “predisporre norme di contrasto della criminalita’ che consentano alle autorita’ giudiziarie di collaborare per aggredire in maniera efficace i proventi acquisiti illecitamente”.

In Italia, poi, c’è il caso di una regione, la Sicilia, che per utilizzare beni confiscati a Cosa nostra debba pagare due milioni di euro l’anno. Si tratta di due immobili confiscati alle societaà del costruttore Piazza attualmente in amministrazione giudiziaria. A denunciarlo è Salvino Caputo, parlamentare regionale del Pdl, che ha anche presentato un’interrogazione al presidente della Regione affinchè  intervenga sull’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità per evitare che la “Regione continui a pagare somme così ingenti. E’ un paradosso che lo Stato confischi beni alla mafia e la Regione debba pagare per utilizzare gli immobili dove si trovano gli uffici degli assessorati ai Beni Culturali e Attività produttive, rispettivamente a piazza Croci e in Via degli Emiri a Palermo”. Dopodiché cocnlude: “Si tratta di uno dei tanti problemi legati all’utilizzo dei beni confiscati. Qua l’anomalia è che la Regione è costretta a indebitarsi per utilizzare beni che in realtà, secondo la normativa vigente, la Regione stessa è legittimata ad utilizzare. La norma prevede l’assegnazione anche all’Ente regionale. Attualmente esiste un contenzioso tra Stato, Regione e Amministrazione Giudiziaria che cura gli interessi del patrimonio oggetto di sequestro e confisca”.

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