“Il testo del processo breve, così com’è uscito dal Senato, è molto grave perché smantellerebbe il sistema giudiziario italiano, non possiamo accettarlo”. Fabio Granata, il meno berlusconiano tra i finiani, non usa mezzi termini: “Non esistono pacchetti a scatola chiusa, ne discuteremo in Parlamento”.
Onorevole Granata,venerdì avete lanciato segnali distensivi dopo i “cinque punti” di B. Eppure, ieri è arrivato l’aut aut: “Nessuna trattativa”. Perché?
Non lo so, siamo molto perplessi per la verità. Il documento del vertice del Pdl ricalca né più né meno gran parte del programma elettorale, in particolare i punti relativi a Sud e Fisco che erano stati posti proprio dal presidente Fini. Sui titolo di copertina, ribadisco, è scontato che voteremo la fiducia. Ma è altrettanto scontato che sotto i titoli non si può mettere quello che si vuole, specie se parliamo di cose che nel programma non ci sono, tipo il processo breve.
Ma Berlusconi è stato chiaro: “Prendere o lasciare”…
Che significa prendere o lasciare? Sul programma? È ovvio che il programma lo votiamo. Votare la fiducia su una mozione che ricalca i temi su cui siamo stati eletti significa semplicemente essere leali con i nostri elettori. Ma i singoli provvedimenti si discutono in Parlamento, è quello il luogo sovrano per la formazione delle leggi, non i vertici a porte chiuse. Per esempio se per processo breve si intende rapidità dei processi, snellimento della macchina giudiziaria, più mezzi a magistrati e procure soprattutto contro la criminalità organizzata siamo d’accordo. Ma se parliamo di un semplice accorciamento dei termini con norme transitorie, in pratica una prescrizione mascherata, allora non va.
Secondo Gasparri il processo breve è una “priorità” e Cicchitto insiste con “l’uso politico della giustizia…
Con tutto il rispetto per il loro ruolo di capigruppo, penso che siano soltanto opinioni. Io giro per l’Italia e non mi sembra che il processo breve, così come è nella testa degli avvocati del premier, sia avvertito come necessità dagli italiani. E poi basta con questa cantilena dell’uso politico della giustizia. Noi rispettiamo le Procure, soprattutto quando portano avanti inchieste sulle contaminazioni tra criminalità organizzata, politica ed economia.
Dunque a settembre “ne vedremo delle belle”, per usare parole sue?
Non ci vogliono grandi doti divinatorie per capire che siamo in un momento politicamente complesso. Io, personalmente, sono molto preoccupato, ma in politica bisogna essere coerenti, altrimenti non ha senso. In ogni caso siamo un gruppo autonomo e valuteremo i punti nel dettaglio. Sul tavolo ci sono molte questioni, per esempio il tema dell’immigrazione, che ci sta a cuore dal punto di vista dell’integrazione e della cittadinanza. Bisogna anche discutere della disastrosa gestione dei rifugiati politici. Ricordo poi che siamo stati noi a bloccare la norma sui medici spia contro i clandestini.
Farete le vostre valutazioni anche sul ddl intercettazioni e sul lodo Alfano costituzionale?
Al ddl intercettazioni sono state apportate modifiche importanti, da lì non si torna indietro. Non ci strapperemo i capelli per approvarlo ma non abbiamo problemi a votarlo, sempre che il testo non cambi di nuovo. Altrimenti si torna a discutere. Per quanto riguarda il Lodo Alfano costituzionale – un provvedimento che certo non mi entusiasma – è l’unica questione su cui non ci si può accusare di aver ostacolato l’azione del governo. Siamo favorevoli a un sistema di garanzie per i presidenti della Repubblica e del Consiglio come in tutte le democrazie europee, non certo se lo si estende a ministri, sottosegretari e parlamentari.
“Se Fini fa un partito tradisce gli elettori”, parola di B.
Se Fini riterrà di fare un nuovo partito sarà perchè le questioni che riteniamo importanti non trovano più spazio nell’agenda politica. Se ci vogliono chiamare traditori facciano pure, ma nessuno ci può chiedere di uscire dalla politica.

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