E’ caduto sul mattone, eppure il quasi ottantenne Salvatore Ligresti è riuscito a rialzarsi anche stavolta. Passando alla cassa di Unicredit. Perché i debiti, soprattutto quelli di “relazione”, si onorano. E anche Alessandro Profumo, che ha cercato in tutti i modi di “spoliticizzare” Unicredit (smarcandosi da partite di pseudo-sistema come Telecom e Alitalia), non ha voltato le spalle all’Ingegnere, che l’aveva sostenuto nelle trattative con i soci libici e nel periodo buio dei mutui subprime.  Ma non c’è solo Profumo. Anche Geronzi (da neo presidente di Generali) è corso in soccorso del soldato Ligresti sul dossier Citylife e tutte le principali banche italiane, negli ultimi due anni, non hanno mai negato un aiutino all’Ingegnere, evidentemente fondamentale, nel bene o nel male, per la tenuta dell’establishment finanziario italiano.

Ma veniamo al punto: la sofferta ristrutturazione del debito della holding di famiglia Sinergia, conclusa appunto grazie al sostegno dell’Unicredit.

L’operazione, come rivelato martedì scorso dall’agenzia Radiocor, si impernia sulla vendita, da parte di Sinergia, della Società Agricola Tenuta Cesarina per 76 milioni alla controllata ImCo, che a sua volta raccoglierà nuovi finanziamenti per massimo 150 milioni. Di questi, 130 milioni saranno erogati da un pool di banche capitanato da Unicredit che, come garanzia, otterranno un’ipoteca sull’area dove sorgerà il Cerba (Centro europeo di ricerca biomedica avanzata). La strategia è quella di concentrare gli asset immobiliari e del debito bancario presso ImCo che destinerà buona parte dei 150 milioni ottenuti dalle banche a Sinergia: 76 milioni per l’acquisto della tenuta Cesarina, 10 milioni per rimborsi legati alla gestione della Tesoreria di gruppo e 22,5 milioni come dividendi. In tutto 108,5 milioni, esattamente l’ammontare del debito di Sinergia, scaduto a fine giugno, nei confronti di Ge Capital (20 milioni) e Unicredit (88,5 milioni). I restanti 41,5 milioni saranno utilizzati da ImCo per finanziare la gestione ordinaria.

Dal gruppo etichettano la vendita della Cesarina come «un’operazione di razionalizzazione delle partecipazioni». Di certo sono state tappate le falle della finanziaria, seppure con una partita di giro che ha visto la Tenuta Agricola Cesarina finire sotto il cappello di ImCo (controllata dalla stessa Sinergia) a un prezzo scontato rispetto alla stima «commerciale» di 90 milioni e «prudenziale» di 81,8 milioni effettuate da periti di fiducia della Unicredit.

Nel 2009 l’Isvap, ovvero il Garante delle assicurazioni, aveva bloccato la vendita della stessa Tenuta Cesarina (che vanta terreni nelle vicinanze di Roma per oltre 730 ettari ed è specializzata in orticoltura, floricoltura, selvicoltura ed all’allevamento del bestiame) alla Fonsai per 80 milioni. L’Istituto aveva infatti espresso forti perplessità su una transazione infragruppo. Di certo non l’unica nella galassia dell’Ingegnere: a dicembre ImCo aveva venduto il 51% di due società attive in architettura e ingegneria (Europrogetti e MiPrav) a Sinergia, che già deteneva il 49%. A luglio era toccato a un’altra azienda agricola, la Panda, ceduta da Sinergia alla controllata Società agricola Tenuta del Ghirlandaio per 1,1 milioni. E sempre a Sinergia aveva venduto per 4,56 milioni alla controllata Finanziaria Generale Italia (FinGiIt) l’89% di Gilli, il marchio di borse creato da Giulia Ligresti e che ha chiuso anche il 2009 con un rosso di oltre un 1 milione.

Il rimescolamento di carte nel mattone è cominciato nel 2005 quando Fondiaria girò una parte del proprio patrimonio all’Immobiliare Lombarda quotata in Borsa e che nel 2008 venne assorbita al 61% dalla stessa Fondiaria (il 39% finì alla Milano) con una assai discussa Opa interna. A dicembre dell’anno scorso si spariglia di nuovo e nasce il Fondo Rho, progetto che ha permesso a FonSai di ridurre di un punto percentuale l’esposizione nel real estate generando tra l’altro una plusvalenza di 86 milioni. Nel nuovo fondo chiuso riservato ad investitori istituzionali sono confluiti 15 immobili di Fondiaria per un totale di oltre 263.000 mq di superficie, un valore di mercato di circa 523 milioni e un valore di apporto di circa 478 milioni. L’operazione è stata finanziata da un gruppo di Banche composto da Unicredit Group (come capofila), Banca Imi (come banca agente), BNP Paribas, Calyon, Société Generale, MPS Capital Services, BancaSAI. Sempre nel 2009 Sinergia e la controllata Imco hanno completato la cessione a FonSai e a Milano Assicurazioni del gruppo alberghiero Ata Hotels, generando per le holding un incasso netto di 9,8 milioni. Poi per 13,4 milioni è stata ceduta a FonSai un’area edificabile a Bruzzano, un immobile a Pieve Emanuele per 2,5 milioni e quindi alla Milano per 15,5 milioni la quota del 43% detenuta in Hedf Isola. In tutto, l’ennesima partita di giro da 41,2 milioni che ha ridotto l’esposizione di Sinergia dai 441 milioni di fine 2008 ai 339 milioni del 2009. Non solo. Il tam tam di Borsa scommette su una nuova operazione messa in cantiere dall’Ingegnere: la costituzione di una società di gestione alberghiera in cui confluirebbero proprio Ata Hotel e Una Hotel (del gruppo Fusi) sempre grazie al sostegno di Piazza Cordusio che parteciperebbe a un aumento di capitale dedicato.

Negli ultimi anni è stata così trasferita una valanga di denaro dalle aziende quotate alle società personali di Ligresti. Gli immobili, con la crisi mondiale, rendono poco o nulla, e allora Totò li sposta ai piani bassi del gruppo a società partecipate da migliaia di risparmiatori, i cosiddetti soci di minoranza. E il filo rosso che collega tutte queste operazioni infragruppo è quello del credito. Le banche – Unicredit in primis ma anche Mps, Intesa Sanpaolo, Bpm e Mediobanca – hanno messo in sicurezza il cantiere, ristrutturato il debito, garantito liquidità fresca allentando i cordoni della borsa.

Ligresti è comunque uomo di potere e come tale partecipa agli equilibri della finanza soprattutto di quella assicurativa come argine ad eventuali offensive d’oltralpe, ha un ruolo senatoriale e di raccordo, nonché strategico nello sviluppo immobiliare di Milano in vista dell’Expo 2015.  Le sue relazioni allo sportello sono state tessute negli anni: nel 1989 e nel 1999 Mediobanca fu l’artefice dei due salvataggi di Ligresti. Nel cda di Piazzetta Cuccia  siede la figlia Jonella e il 25 giugno lo stesso Salvatore Ligresti ha partecipato al pranzo post riunione del consiglio. Buoni anche i rapporti con Generali di cui possiede circa l’1%: grazie a un gioco di sponda di Cesare Geronzi, infatti, l’Ingegnere è riuscito a non finire in minoranza nel controllo di City Life, il consorzio che gestisce il grande progetto di riqualificazione dell’ex Fiera milanese.

Alla corte di Totò sfila poi la Bpm che ha rilevato la sua quota della joint venture bancassicurativa che si ritrovava in pancia 100 milioni di index linked legate al rischio islandese. Impregilo – guidata da Mario Ponzellini, numero uno in Bpm, e partecipata dall’imprenditore siciliano – ha persino disdetto l’affitto della storica sede di Sesto San Giovanni per traslocare in via dei Missaglia a Milano, proprietà di Ligresti. Ma l’assist decisivo è arrivato da Unicredit che ha ereditato la posizione debitoria con il patron di Fonsai attraverso l’incorporazione di Capitalia e nel cui cda siede lo stesso Totò. La banca ha anche deciso di trasferire il suo quartier generale nei nuovi palazzi di Ligresti in zona Garibaldi, rinunciando in extremis a una trattativa con i Cabassi per Milanofiori.

Alessandro Profumo sta pagando il conto, sussurrano i maligni, ricordando che nell’autunno del 2008 Salvatore intercedette per lui presso il governo Berlusconi e nei confronti dell’ ambasciatore libico Hafed Gaddur per far sì che il fondo sovrano di Gheddafi entrasse in Piazza Cordusio con il 5% e sostenesse poi i successivi aumenti di capitale. E mentre Unicredit gli allunga la vita l’Ingegnere si arrocca con gli affari in casa.

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