In tempi di dossier, ricatti, fango e spioni, il Copasir, cioè il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, diventa un luogo centrale della politica. Un suo membro, Carmelo Briguglio, in un’intervista al Fatto quotidiano ha evocato attività di spionaggio illegali ai danni di Gianfranco Fini: “Ci sono stati parlamentari di area finiana che sono stati spiati e filmati da pezzi deviati dei servizi”, ha detto. “Fanno così, organizzano pedinamenti non graditi, confezionano dossier”.

Silvio Berlusconi, accusato apertamente di utilizzare i servizi di sicurezza non contro i nemici dello Stato, ma contro i suoi avversari politici, non solo non ha mai risposto, ma si è anche sempre rifiutato di andare davanti al Copasir (come hanno invece fatto tutti i suoi predecessori alla presidenza del Consiglio) a riferire le linee d’intervento del governo in un settore così delicato. Non è andato all’inizio del suo mandato, a illustrare i programmi sulla politica della sicurezza. Non è andato nell’estate delle escort, quando fu sollevato il problema della sicurezza di Villa Certosa. Non è andato dopo aver posto il segreto di Stato sulla vicenda di Pio Pompa e dell’archivio di via Nazionale. È sempre stato il sottosegretario Gianni Letta, finora, a dover mettere una pezza sulle assenze del presidente del Consiglio. “Lo abbiamo chiamato più volte, ma Berlusconi non ha mai ritenuto di venire a rispondere alle nostre domande”, dice Giuseppe Caforio, membro del Copasir e parlamentare dell’Italia del valori. Può continuare a negarsi? Lui, che a ogni pie’ sospinto parla di volontà popolare e sovranità degli elettori, ha il dovere istituzionale di riferire alla commissione parlamentare che rappresenta in questo campo proprio la volontà popolare e la sovranità degli elettori. Deve spiegare che cosa sta succedendo in questa stagione di ricatti e dossier, deve fugare ogni dubbio sull’uso deviato di apparati dello Stato (tenace tradizione italiana). Il Parlamento – e il Copasir come sua specifica articolazione – è il luogo giusto in cui farlo.

È chiaro che su temi così delicati per la vita democratica, le decisioni non devono essere imposte dall’appartenenza di partito o, peggio, dall’obbedienza al leader che ti ha “nominato”. Devono invece maturare nella libera riflessione di ciascuno sui fatti, nella convinzione che a essere difese devono essere le istituzioni e che nessun presidente del Consiglio pro tempore può utilizzarle per fini di lotta di parte. Da questo punto di vista, il comitato sui servizi potrà già decidere, alla ripresa delle attività dopo la pausa estiva, libero dagli schieramenti bloccati e dall’obbedienza di partito. “Il comitato cerca di non prendere decisioni a maggioranza, per non esporre le istituzioni a divisioni di parte”, spiega Caforio. Ma non potrà, in nome dell’unità, esporsi al rischio di non decidere mai su niente. “Su alcuni temi, come le eventuali attività di spionaggio illegale, dovremmo essere tutti d’accordo. Ma comunque oggi gli equilibri interni sono cambiati, siamo sei a quattro”, dice Ettore Rosato, membro Copasir per il Pd. È un fatto che, dopo la rottura dei finiani, la maggioranza di governo non è più maggioranza nel Copasir. Si apre dunque una stagione difficile e una partita delicata, in cui il suo presidente, Massimo D’Alema, se non si farà prendere dalla tentazione di mettere al primo posto i giochi di schieramento e i mercanteggiamenti della politica, potrà giocare un ruolo istituzionalmente importante.

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