Pisa è una città pacifista. Lo sanno tutti: lo sa l’Univerisità che qui ha organizzato l’unico corso di laurea in “Scienze per la Pace” della penisola, e lo sa pure l’amministrazione, che infatti ogni anno organizza un evento dal nome “Pisa città per la pace”.

E’ per questo che nel 18 gennaio del 2007 con 23 voti favorevoli su 30 il consiglio comunale approvò una delibera che aveva per oggetto gli “Impegni per la dismissione e la riconversione a usi esclusivamente civili di Camp Darby”.

Per chi non lo sapesse Camp Darby è una gigantesca base USA nel cuore della pineta pisana. Non una base qualsiasi, bensì il distaccamento logistico più importante d’Europa. Sono partite da qui quasi tutte le munizioni usate in Iraq nel 1991 e il 60 per cento delle bombe scagliate sulla Serbia nel 1999, comprese 3.278 cluster bombs, le simpaticissime bombe a grappolo che trasformano le zone interessate dalle “missioni di pace” in sconfinati campi minati e che 30 nazioni, Italia compresa, si sono impegnate a mettere al bando. Secondo una ricostruzione certosina elaborata da globalsecurity.org e riportata in un bell’articolo del corriere della sera nella base si trovano “ventimila tonnellate di munizioni per artiglieria, missili, razzi e bombe d’ aereo con 8.100 tonnellate di alto esplosivo ospitate in 125 bunker. E, ancora, gli equipaggiamenti completi per armare una brigata meccanizzata: 2.600 tra tank, blindati, jeep e camion”. In tutto “ci sono materiali bellici del valore di due miliardi di dollari, missili e ordigni esclusi”.

Peccato sia una ricostruzione di ormai quasi 10 anni fa e che dall’11 settembre a noi comuni mortali cosa si muove in quei 1000 ettari confiscati sine die ai legittimi proprietari non è dato sapere.

Quel che era dato, fino a 5 anni fa, era ritenere quella presenza non più tollerabile “considerato che già oggi i cittadini di alcuni paesi subiscono quotidianamente le conseguenze delle armi di distruzione di massa che partono anche da Camp Darby” (è quanto scritto nella delibera).

Ma evidentemente da quella delibera molte cose sono cambiate. Ad esempio negli Stati Uniti al sanguinario Bush è subentrato quel buon samaritano di Obama, e come d’incanto le centinaia di migliaia di civili morti tra Iraq e Afghanistan si sono trasformate in danni collaterali.

E così la clausola che escludeva “ogni possibile installazione di strutture militari, logistiche o di qualsiasi altra natura comunque direttamente o indirettamente collegate alla base di Camp Darby o a qualsiasi altra base militare” è diventata carta straccia. A novembre dell’anno scorso il comune di Pisa, di concerto con quello di Livorno e la Regione Toscana, ha dato vita a un accordo di programma dal valore di 108 milioni di euro per il riassetto delle vie navigabili interne, tra cui il canale dei Navicelli, quello che collega proprio la base di Camp Darby al porto di Livorno. Lo scopo è riuscire a manovrare due chiatte in contemporanea. Un investimento dovuto, visto che secondo il sindaco Filippeschi «gli americani ritengono questo insediamento molto importante e vogliono continuare a investirci».

Ma è bastato aspettare qualche mese per capire che questo era solo l’antipasto. La vera svolta arriva pochi giorni fa, quando il protavoce della 46esima Brigata Aerea Maggiore Giorgio Mattia annuncia che l’aeroporto militare di Pisa nel giro di un paio di anni diventerà “punto di riferimento per tutte le forze armate che avranno bisogno di spostarsi per via aerea per le missioni nei teatri internazionali. L’unico posto per le forze armate italiane da cui si partirà per le diverse missioni internazionali”.

Il progetto prevede che a lavori ultimati si sia in grado di mobilitare 30.000 militari al mese adeguatamente equipaggiati. E visto che i soldati italiani in missione all’estero sono circa 10.000, è evidente che per farlo lavorare a pieno regime l’aeroporto sarà utilizzato anche da altri. Ovviamente da Camp Darby si sono già prenotati, e non solo per volare, visto che la base pisana avrà anche «compiti di stoccaggio per un tempo prolungato di materiali che dovranno essere impiegati fuori area». Secondo Manlio Dinucci, esperto di questioni militari e collaboratore storico de Il Manifesto, significa che “sarà una sorta di succursale di Camp Darby, che rifornisce di bombe e altri materiali le forze terrestri e aeree nell’area mediterranea, africana e mediorientale”.

Insomma, per la prossima edizione di “Pisa città per la pace” gli argomenti non dovrebbero mancare.

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