Tre procedimenti disciplinari e un’accusa pesante davanti alla corte marziale: diserzione aggravata. Il maresciallo Vincenzo Lo Zito è senza dubbio un pericoloso criminale di guerra a giudicare da come lo stanno trattando l’esercito italiano e il suo datore di lavoro: la Croce Rossa. Che ha pure deciso di sospendergli pure lo stipendio chiedendogli arretrati a partire dallo scorso settembre, quando fu trasferito dalla sua sede naturale, L’Aquila, ad Assisi. Ma che avrà mai combinato di così grave il maresciallo?

L’Aquila addio
Spiega Lo Zito: “Chiariamo innanzitutto che non ci posso andare ad Assisi. Non perché lo dico io, ma perché è stata la Commissione medica competente a stabilirlo (per ben due volte di fila). Sono cardiopatico e devo restare nella mia zona di residenza, dove ho medici di fiducia, familiari, e un posto di lavoro facilmente raggiungibile. Anche se ormai è da tanto tempo che non riesco a mettere piedi in sede”. I guai del maresciallo, da 25 anni in servizio alla Croce Rossa, sono iniziati quando cominciò a lamentare una gestione anomala della sede abruzzese da parte di Maria Teresa Letta, sorella di Gianni Letta (il braccio destro del premier). Lo Zito e altri amministratori in servizio alla sede dell’Aquila evidenziarono atteggiamenti padronali della signora Letta soprattutto nella gestione delle risorse economiche. Ne ho già parlato sul Fatto lo scorso aprile , nel frattempo nessun giudizio o procedimento sui conti dell’ente abruzzese ha dato ragione a Lo Zito. Anzi.

Giudizi e omissioni
Il maresciallo deve rispondere davanti al tribunale civile di Roma per una causa di diffamazione intentagli dai revisori dei conti della Croce Rossa che – anche su sua richiesta – fecero un’ispezione in Abruzzo. I tre, pur riscontrando una serie vistosa di lacune amministrative, non si preoccuparono di infliggere una sanzione o di segnalare la cosa a chi di dovere, ovvero la Corte dei Conti. L’unica conseguenza dell’ispezione fu appunto una querela per diffamazione in seguito alle opinioni espresse da Lo Zito sul deludente esito dell’ispezione. “Consegnarono il verbale con mesi di ritardo e pure incompleto – allarga le braccia il maresciallo -. Inoltre non tornarono mai più a controllare se la situazione fosse migliorata. Se ne andarono dopo un pranzo con la Letta, ho ricevuto loro notizie solo perché mi hanno citato in tribunale. Vedremo a ottobre che dirà il giudice”.

La verità vi fa male lo so
Ma il maresciallo è allenato a sopportare accuse e giudizi pesanti. La Croce Rossa, su richiesta della presidente Letta, ha avviato contro di lui tre provvedimenti disciplinari in sequenza. Secondo la signora le critiche alla sua gestione sono inaccettabili e rendono necessario l’allontanamento del milite in quel di Assisi. Ma ci s’è messo di mezzo il parere della commissione medica, e Lo Zito è restato nel limbo: trasferimento bloccato, carriera finita. Con il massimo del disonore, ovvero un procedimento per diserzione aggravata davanti alla corte marziale. Insomma, qualcosa avrà fatto di serio per meritarsi tanto impegno, maresciallo: “Vorrei saperlo pure io – risponde il militare -, ma qui è tutto un mistero. Mi hanno comunicato qualche settimana fa di aver concluso le indagini preliminari a mio carico senza neanche avvisarmi che stavo sotto inchiesta. La situazione si fa pesante. Al lavoro non posso andare, non ho più uno stipendio e spendo tutto in avvocati. Solo perché ho detto la verità”.

A onor del vero
Certo a guardare le due interrogazioni parlamentari appena depositate da parte di alcuni parlamentari radicali e del Partito dei Militari (Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci e Zamparutti) la Croce Rossa ha problemi un po’ più seri del maresciallo Lo Zito. Il Commissario Francesco Rocca, dotato di poteri straordinari per risanare l’ente e in rapporti più che buoni con la famiglia Letta, dopo due anni di lavoro è alle prese con un buco di 50 milioni di euro, mentre uno dei famosi revisori dei conti che hanno citato in giudizio Lo Zito, l’avvocato Romolo Reboa, è stato condannato in primo grado a un anno di reclusione per il Laziogate (lo spionaggio sui dati anagrafici pro elezioni regionali) ma continua a occupare tranquillamente la sua poltrona in Croce Rossa. Quello da castigare è sempre e comunque è il soldato Lo Zito.

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