Lui è a Santo Domingo coi cellulari staccati. Lei manda lettere tramite avvocati per dire che le sue proprietà sono solo sue, e che anzi l’ex fidanzato le deve ancora una discreta sommetta. In mezzo, una ricevuta fortunata, un tagliando milionario che segna la crisi – anche economica – del rapporto tra Luciano Gaucci ed Elisabetta Tulliani, attuale compagna del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Un pezzo di carta che sta mettendo sottosopra la politica e i media italiani: chi vinse davvero quei due miliardi di lire nel 2000? Come venne spartita la cifra tra gli (allora) amanti e protagonisti della mondanità romana? Domande senza risposte visto che la Tulliani dice una cosa e Gaucci l’esatto contrario. Versioni inconciliabili.

Chi è il fortunato vincitore?
Tutti i beni ascrivibili alla bionda signora (e ai suoi familiari) sono ormai oggetto di scrupolose analisi da parte di Libero e Il Giornale, che dividono le loro pagine tra questa storia e quella dell’appartamento lasciato in eredità al partito di Fini è andato in affitto al fratello della Tulliani, Giancarlo.
Visto l’assalto mediatico, ‘Eli’ – come la chiamava Gaucci – ha deciso di stringere i ranghi: lettera piccata a tutta la stampa in cui precisa che la lite davanti al tribunale civile di Roma per un tesoretto di beni mobili e immobili conteso tra lei e l’ex imprenditore è dovuta a una querelle di cui è vittima e non carnefice. Che non esiste alcuna denuncia per appropriazione indebita avviata da Gaucci per contestare la titolarità di beni intestati a lei (solo per sfuggire alle grinfie dei creditori).

Questa in effetti era la tesi lanciata da ‘Luciano l’uragano’ nei mesi scorsi: “Il Fisco sta cercando di recuperare beni in seguito al fallimento delle mie società – aveva detto a Dagospia riferendosi a quattro appartamenti intestati alla ex compagna – Il denaro necessario per l’acquisto delle case ha origine da una schedina del Totocalcio con cui ho centrato un 12+1. Ed è facilmente riscontrabile che il conto corrente di Elisabetta all’epoca, nove anni fa, era privo di tali fondi”.

Ecco dunque il famoso tagliando, la vincita fortunata che spiegherebbe l’origine dei beni ormai di proprietà della Tulliani nonostante Gaucci avesse parlato di un accordo privato, con tanto di lettera sottoscritta, in cui Elisabetta riconosceva la vera titolarità dei beni. Un documento scomparso, una versione della storia seccamente rifiutata tramite apposita nota legale degli avvocati di casa Tulliani: “I beni mobili e immobili indicati dal signor Gaucci nell’atto di citazione – scrivono Carlo Guglielmo e Adriano Izzo a proposito della causa romana – sono stati acquistati con denaro proprio della signora Tulliani e della sua famiglia. In particolare, l’acquisto è avvenuto con i ricavi di una vincita all’Enalotto e con gli ulteriori risparmi dei genitori della signora Tulliani. Di tale circostanza la nostra assistita ha fornito ampia prova documentale, dimostrando, in particolare, che la vincita all’Enalotto era di sua esclusiva pertinenza. Dopo l’incasso della somma una parte cospicua di essa, esattamente un miliardo e cento milioni di lire, è stata messa a disposizione del Sig. Gaucci con l’espresso incarico di provvedere a gestirla in proficui investimenti nell’interesse della medesima. Tale somma non è mai stata restituita dal Sig. Gaucci, con la conseguenza che la Sig.ra Tulliani si è trovata costretta a svolgere apposita domanda di restituzione nel giudizio civile in corso”.
Ma allora: Totocalcio o Enalotto? Chi dice la verità?

Il ricordo dell’avvocato
Giuliano Maria Pompa, l’avvocato che seguì la vicenda del Perugia e il crac finanziario di Gaucci, rimette la palla al centro: “All’epoca non esisteva alcun rapporto finanziario tra Gaucci e la Tulliani. Nessun bene le era stato intestato e non ricordo affatto che la signorina avesse un ruolo nella distribuzione dell’asse patrimoniale di Gaucci”. Quindi ogni eventuale operazione creativa inventata dall’ex patron del Perugia prima della fuga nel paradiso di Santo Domingo – dove riparò nel 2005 per evitare la condanna a tre anni di carcere per bancarotta fraudolenta – avvenne fuori da registri ufficiali e carte vidimate.
Quel che è certo è che se la Tulliani ha mentito sarà facilmente scoperta. Per ritirare una grossa vincita all’Enalotto (o meglio al Superenalotto, come si chiama ora) non ci sono alternative: deve essersi presentata lei stessa alla sede Sisal di via Sacco e Vanzetti 89 a Roma e aver compilato l’apposito modulo per farsi versare il premio sul conto corrente personale. Oppure può essersi fidata di un mediatore, perché allo sportello Sisal il vincitore è chi porta il tagliando e indica un conto corrente a lui intestato presso la propria località di residenza. Pare esista anche un discreto giro di riciclaggio attorno alle grosse vincite, che non essendo soggette ad alcuna tassazione possono finire integre su un conto sicuro magari all’estero, se a ritirarle è la persona giusta. L’Agenzia delle entrate e i magistrati romani non hanno che da chiedere lumi alla Sisal, sempre disponibile a cedere le preziose informazioni sui fortunati vincitori (il cui anonimato è assolutamente garantito in tutti gli altri casi): se Eli ha vinto, il round è suo. E Fini tirerà un sospiro di sollievo.

Da Il Fatto Quotidiano del 5 agosto 2010

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