“Denise Karbon e Isolde Kostner erano a conoscenza delle modalità con le quali la società estera a cui si erano affidate gestiva la loro immagine sportiva ed erano consapevoli delle modalità con le quali investiva i guadagni derivanti dalle sponsorizzazioni, avendo sempre conosciuto e ratificato quella specifica attività”. Parola del promotore finanziario Roland Costa, che attraverso il suo legale sta spiegando ai magistrati di Bolzano come le due campionesse dello sci tricolore evitassero il fisco italiano fatturando all’estero.

Negare tutto, negare sempre

Le dirette interessate smentiscono gli addebiti e scaricano tutta la responsabilità sul promoter di Ortisei: ”Per la gestione delle sponsorizzazioni sono stata consigliata di affidarmi a un’agenzia del settore, che già aveva in gestione altri atleti – ha specificato la Karbon -. Mi sono affidata totalmente a questa agenzia. Resami conto che la gestione non era trasparente ho revocato il mandato e provveduto a regolarizzare la mia posizione”. Come? Attraverso lo scudo fiscale.

La banda dei tre
Le ragazze hanno fatto ricorso alla sanatoria offerta dal ministro Tremonti e adesso stanno cercando di dimostrare alla Guardia di Finanza di non aver infranto alcuna legge. Un impegno serissimo, perché se è vero che lo scudo le proteggerebbe anche da eventuali responsabilità penali, il benefit decadrebbe nel caso in cui ci fosse stata una terza persona ad aiutarle nel costituire un deposito di denaro all’estero. Ovvero Roland Costa.

La divisa innanzitutto
Il problemino, in tutto ciò, è che le due stelle del circo bianco gareggiano per l’Italia nel corpo della Guardia di Finanza. In base a un regio decreto del 1941, per questa storia rischiano di andare dritte davanti al tribunale militare, anche se per ora è la magistratura ordinaria ad averle indagate per frode fiscale in concorso. Giudici a parte, resta una domanda: se anche i simboli dello sport, quelli che cantano l’inno o sventolano la bandiera sul podio a nome di tutti noi, truffano amabilmente lo Stato e non temono tribunali di sorta, ebbene non è forse normale che illustri esponenti delle istituzioni convivano serenamente con accuse di corruzione e mendacio – più o meno – bancario?

Eroi made in Italy
Nelle scorse settimane tutti hanno lodato l’eroico gesto di Valentino Rossi tornato in pista a pochi giorni da un incidente piuttosto serio. Gioia e tripudio, un simbolo dell’Italia che si rimette in piedi anche quando sta a pezzi. Nessuno ha ricordato che Rossi aveva maturato un debito di 112 milioni di euro col fisco italiano. Ne ha pagati 35 ed è sempre più il nostro eroe, Denise e Isolde possono stare tranquille: in Italia la memoria dei misfatti se ne va più veloce dei campioni di velocità.

Articolo Precedente

A 9 anni dal G8, ancora non si danno i numeri

next
Articolo Successivo

Bologna, 2 agosto 2010, senza governo

next