Piazzati dai partiti, elevati alla sommità della carriera dai partiti, retrocessi da partiti o correnti avverse, e reintegrati dal magistrato. Capiterà pure a Giovanni Masotti, centrodestra, corrispondente Rai da Londra? Lui non ne poteva più di starsene lontano dalla polpa di viale Mazzini: puntava, regnando il suo centrodestra, a una direzione. Ma il rientro si è trasformato in una “rimozione”: l’azienda lo ha sostituito (con Antonio Caprarica), offrendogli una vicedirezione o condirezione romana, considerata inadeguata, anzi offensiva dal più cotonato dei giornalisti televisivi. Al grido “Non contano merito ed esperienza, vogliono solo maggiordomi” – rivolto contro la parte che gli ha già fatto fare un fior fiore di carriera, a prescindere dai suoi meriti e dalla sua esperienza – ha presentato in tribunale del lavoro un ricorso d’urgenza ex. Art. 700 a carico della Rai. O una direzione o meglio, in attesa, inviare quotidianamente corrispondenze cotonate da Londra.

Capiterà pure a Caprarica? Promosso dall’Unità al telegiornale, ai tempi d’oro delle passeggiate per il Transatlantico e dei “ragionamendi” di De Mita con i corrispondenti parlamentari dell’allora organo del Pci, aveva scelto e ottenuto di farsi riprendere da Londra ogni giorno con cravattone, diciamo così, “all’inglese”. Poi, il centrosinistra lo aveva elevato a direttore del giornale radio. Il centrodestra, tornato al potere, ha dovuto “rimuoverlo” per dare spazio ad uno dei suoi – come dice Masotti – maggiordomi. Ora Caprarica è tornato a Londra, ma la vertenza l’aveva già iniziata: vuole essere reinsediato. Come è successo a Michele Santoro per Annozero e a Paolo Ruffini per RaiTre.

Capiterà pure ad Antonio Di Bella? Già direttore di centrosinistra del Tg3 (spostato per dare spazio alle annose aspettative di Bianca Berlinguer) e direttore di centrosinistra di RaiTre (poltrona da cui è stato rimosso per consentire all’azienda di restituirla, su ordine del magistrato, a Ruffini), anch’egli si sarebbe rivolto ad uno studio legale – probabilmente sempre il solito, quello di Santoro e Ruffini, e di centinaia di altri giornalisti licenziati o demansionati – per opporsi al “demansionamento”.

E’ capitato a Michele Santoro, per il quale il magistrato – forte del mitico “editto bulgaro”, prova indiscutibile di rimozione per motivi politici – ha precisato anche la rete e l’ora nelle quali doveva continuare ad andare in onda.

E’ capitato recentemente anche a Paolo Ruffini, giornalista della carta stampata reclutato sul campo dal centrosinistra prima per dirigere un radiogiornale e poi una rete televisiva, facendo indubbiamente bene. Il magistrato lo ha reinsediato al vertice di RaiTre, in forza anche delle intercettazioni di Trani, anch’esse prova indiscutibile di rimozione per motivi politici.

Capiterà a Carlo Freccero? Persino l’ex-direttore di RaiDue e attuale direttore di Rai4 – postazione che era stata attribuita a Ruffini per tentare (inutilmente) di convincerlo a rinunciare alla ReteTre e al ricorso alla magistratura – ora anticipa: “Una bella causa? Ci sto pensando anch’io. Non vorrei essere l’unico rimasto fregato. Doveva andare a Ruffini prima del reintegro, ma a questo punto la direzione di Rai Premium spetta a me”.

Capiterà anche a Massimo Liofreddi? Si sa da mesi che il centrodestra, dopo averlo elevato a direttore di RaiDue appena pochi mesi fa, vuole toglierlo di lì. Per Berlusconi, non avrebbe gestito a dovere il caso-Santoro, avrebbe fatto parlare il giudice Antonino Ingroia in un contenitore pomeridiano e si sarebbe opposto all’“ordine” di mettere Maurizio Costanzo al posto della sua Monica Setta. Liofreddi, pur avendo ricordato recentemente che “Berlusconi mi chiamò per darmi la guida di RaiDue”, ritiene immorale che adesso Berlusconi voglia rimuoverlo. “Una vergogna… Si dovrebbe avere un po’ di rispetto per chi paga il canone… Mi chiedo se un manager serio può ancora lavorare senza protezioni…”. Perciò, Berlusconi andava bene quando proteggeva e nominava a direttore lui, che non aveva mai fatto quel mestiere (la direzione di uno dei più importanti centri di produzione culturale del Paese) e non va bene ovviamente più quando vuole nominare al suo posto “chi non ha mai fatto questo mestiere” (vale a dire Susanna Petruni, già elevata per meriti bonaiutiani vicedirettrice del Tg1). E anche lui, Liofreddi, preannuncia di voler andare dal magistrato, in caso di effettiva rimozione.

Capiterà pure a Corradino Mineo? Si sa che il centrodestra lo vuole togliere dalla direzione di Rai News, per affidarla al neo-giornalista leghista Franco Ferraro, oggi a Sky. Un esterno, come se peraltro in Rai, fra migliaia di giornalisti disponibili (anche di livello, anche disoccupati o sottoccupati o nullafacenti), non ci fosse uno più bravo o almeno bravo quanto Ferraro. Mineo è un buon giornalista, che per giudizio unanime ha fatto molto bene a RaiNews. Conosce bene le logiche Rai e non è uno dal quale ti aspetteresti dichiarazioni dimentiche del fatto che le “logiche politiche”, diciamo così, sono alla base delle assunzioni, delle nomine e delle rimozioni, sia “di centrodestra” sia “di centrosinistra”. Perciò c’era da fare un salto dalla sedia a leggere, qualche giorno fa, il titolo dell’Unità su un’intervista a Mineo: “Mi cacciano per logiche politiche”. No, anche Corradino no! Va bene un Liofreddi, ma non può anche lui farci questo…

E difatti, grazie al cielo, si trattava solo di un titolo forzato o comunque approssimativo. La “logiche politiche” erano in una domanda del giornalista dell’Unità a Mineo: “Una rimozione dalla logica politica?”. L’esperto intervistato, che sa perfettamente di essere stato anche nominato per logica politica e non lo dimentica quando sta per essere allontanato in base a una logica uguale e contraria, rispondeva: “Non so che dire. Non è legato agli ascolti, né ai costi…”. E anzi, alla domanda se farebbe causa in caso di effettiva rimozione, Mineo rispondeva: “Non so… Io non faccio la vittima, i direttori si cambiano, ma dopo un confronto onesto con chi ha lavorato… Quando, per ragioni che non conosco, mi toglieranno allora mi preoccuperò di cosa fare”.

Insomma, è chiaro che tutto ciò che è sinora avvenuto, sta avvenendo ed è preannunciato che avverrà in Rai in fatto di nomine avviene “per logiche politiche”. Vale per i bravi e per i miracolati, vale per i “maggiordomi” di centrodestra e per i “militanti” di centrosinistra. Poi uno fa anche valutazioni di merito, tanto per cominciare sul piano professionale. Ma non è moralmente consentito – né esteticamente presentabile – accettare come buone e belle le logiche politiche quando ti nominano direttore, e denunciarle come brutte sporche e cattive quando determinano la tua rimozione o il tuo spostamento o semplicemente lo stallo della tua carriera.

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