Una lametta da barba per tagliarsi la gola e morire dissanguato. Eccola qua, la storia breve di un’altra vittima delle carceri italiane sempre più sovraffollate. Ennesimo suicidio. Il numero 38 dall’inizio dell’anno: un record.

Ecco allora i fatti. Andrea Corallo è entrato nel bagno della sua cella della casa circondariale di Catania Bicocca, ha afferrato un rasoio e si è tagliato la carotide. Aveva 39 anni e da due era recluso per questioni di racket. Era in attesa di giudizio. “Nelle nostre galere si continua a morire – commenta il segretario del sindacato Uil Penitenziari Eugenio Sarno – nel 2010 ben 38 detenuti, 4 agenti penitenziari e un dirigente generale si sono suicidati”. Nonostante questo, “si ammassano persone in spazi che non ci sono – osserva Sarno –. Abbiamo la sensazione che nemmeno questa strage silenziosa che si consuma all’interno delle nostre degradanti prigioni scuota dal torpore una classe politica che ha, evidentemente, accantonato la questione penitenziaria. Che, nella sua drammaticità, è anche una questione morale. Per i tanti sprechi, per l’indecenza delle strutture, per il degrado degli ambienti e per i rischi igienico-sanitari”.

Il numero dei reclusi che si tolgono la vita è in forte aumento: 45 nel 2007, 46 nel 2008 e l’anno scorso addirittura 72, il record storico. Numero destinato a salire nel 2010: se nei primi sette mesi del 2009 i suicidi erano stati 31, oggi, a luglio non ancora terminato, sono già 38, uno ogni cinque giorni. Secondo l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, “il trend negativo, a meno di clamorose inversioni, a fine anno produrrà un numero di decessi mai visto, né immaginabile fino a pochi anni fa”.

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