Invece di decidere di concerto con il presidente Berlusconi le proprie dimissioni, l’onorevole Cosentino avrebbe dovuto rassegnarle già un anno fa di concerto con la propria coscienza, con le rivelazioni di cinque collaboratori di giustizia (“Cosentino appartiene ai Casalesi!”) e con le richieste di custodia cautelare firmate nei suoi confronti dai magistrati napoletani. Invece l’ha fatta franca perché l’hanno protetto in tanti. Il suo ‘boss’, Berlusconi. Il suo partito, a Roma e in Campania. E perfino l’opposizione, che mai fu come – in questo caso – opposizione di sua maestà: quando è andata al voto, un anno fa, la prima mozione di sfiducia per Cosentino, il sottosegretario è stato graziato perché tra le file dell’opposizione (PD, IDV e UDC) si sono contati più di cento voti in meno tra assenti, astenuti e distolti da improrogabili impegni fisiologici (proprio in quel momento e solo per quel voto).

Bisognerebbe conservar tutti decenza e memoria dei propri gesti. Anche il ministro Maroni, che oggi plaude alle operazioni di polizia sulla ‘ndrangheta e ieri ha cacciato via il prefetto di Latina per aver chiesto lo scioglimento per mafia (infiltrazioni della ‘ndrangheta) del comune di Fondi (PDL).

Memoria cortissima anche per il prefetto di Milano Gianvalerio Lombardi che appena sei mesi fa spiegava giulivo alla Commissione Antimafia che di mafia, a Milano e in Lombardia, non c’è nemmeno l’ombra. Questo Lombardi o ce, o ci fa: in entrambi i casi, un prefetto della Repubblica verrebbe invitato dal ministro a far bagagli in due ore. Scommettiamo che Maroni non aprirà bocca?

(ps: ma è questa la Lega con cui qualche genio del PD vorrebbe riaprire relazioni politiche e diplomatiche?).

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