Una manifestazione emozionante, palpitante, rigurgitante di vita e di consapevolezza civile. Questa lapidaria definizione mi sovviene per qualificare l’oceanica mobilitazione romana contro il ddl Alfano sulle intercettazioni e i tagli alla cultura comminati dalla manovra economica governativa.
Tra i numerosi e interessanti interventi (qui la playlist quasi integrale: http://www.youtube.com/view_play_list?p=0D796E3CCA5B1397), a mio umile avviso, quelli che hanno davvero toccato le corde del cuore sono stati ad opera dell’immenso Roberto Saviano, presentatosi sul palco con sconfinata sorpresa e sterminata ovazione del pubblico, e di Claudio Giardullo, segretario generale del sindacato di polizia Silp-Cgil.
 
Saviano, “l’orgoglio di Napoli” come ha gridato commosso un manifestante, ha puntato il dito contro la bubbola divulgata dal governo circa il ddl intercettazioni e la sua presunta difesa della privacy. “C’è un grande frainteso su questa vicenda.” – afferma Saviano – Ci viene raccontato che questa legge difenderà la privacy. La privacy, sia chiaro, è sacra. E’ uno degli elementi fondamentali della democrazia. (…) Ma questa legge non difende affatto la privacy. Su questo bisogna essere chiari. E semplici, diretti nel far capire questo. Non è vero che questa legge, come è stato detto, difende le “telefonate tra fidanzati”. Questa legge ha un unico scopo: impedire di conoscere quello che sta accadendo, impedire che il potere possa essere raccontato. Quindi, la privacy che loro vogliono difendere è la privacy degli affari, anzi dei malaffari.”
 
Tra gli applausi scroscianti del pubblico, Saviano continua: “E’ fondamentale capire un’altra cosa, che forse è nel profondo di tutti i visi che sto vedendo e di tutte le persone che sono qui, in questa serata infrasettimanale, nonostante il lavoro e nonostante il caldo. Quello che stiamo facendo e quello che state facendo supera i confini italiani, perchè è assurdo compromettere la libertà di stampa e la possibilità di indagare in Italia, uno dei paesi fondatori del “sogno europeo”. Difendere la democrazia qui significa non permettere che possa essere compromessa in Europa, non permettere che i giornalisti (che per esempio vengono perseguitati in molte parti del mondo) possano vedere un riferimento nella nostra democrazia, nel nostro modo di vedere e di comunicare. Quindi, quello che stiamo facendo è anche e soprattutto in nome di regole universali che permettono anche altrove di raccontare e di essere liberi: tutt’altro che diffamare il Paese. Tutt’altro che compromettere l’immagine dell’Italia nel mondo.
 
E prosegue: “Sono convinto che questa battaglia sia trasversale e che non riguardi più le parti politiche. In Italia sta accadendo qualcosa di molto pericoloso e complicato. Credo che si stia dividendo il Paese in persone perbene, indipendentemente dalle idee, e banditi, indipendentemente dalle idee.”
 
E sulle ultime dichiarazioni nauseanti ed agghiaccianti di Dell’Utri: “Mi hanno ferito ieri le parole di Marcello Dell’Utri, che per l’ennesima volta ha definito Mangano un eroe. Non permettiamo di far passare queste cose come naturali, come una boutade politica, come una semplice provocazione. E’ gravissimo e non è pensabile. Questa legge, per esempio, non avrebbe permesso a molti di raccontare gli affari che riguardano l’imprenditoria criminale e che aveva coinvolto il sottosegretario allo sviluppo, Nicola Cosentino. In qualche modo, ci stanno spingendo a dire: “tanto è tutto uno schifo, è tutto “na chiavica”, come si dice nel mio paese”. Questo non bisogna pensarlo, nella misura in cui è esattamente quello che vogliono.”
 
Saviano conclude con queste meravigliose parole: “Resistere è una parola complicata, forse spesso troppo abusata, come la parola “amore”, che, se ripetuta e spesa troppo spesso, quasi si lercia. Io penso che “resistere” oggi significhi permettere di raccontare. Voi lo raccontate a qualcun’altro, qualcun’altro ancora a qualcun’altro…e soprattutto senza paura di confrontarsi con gli altri, senza criminalizzare chi ha votato o la pensa in maniera diversa. Credo che ci sia uno spazio in questo momento per parlare ad alcune persone. Ieri, per esempio, ero a Viterbo, feudo storico del PDL: eppure c’erano migliaia di persone ad ascoltare le storie. Qualcuno non ha condiviso, qualcun’altro sì. Secondo me, questo è il momento per poter parlare a molte persone. E “resistere”, forse, ha una grande immagine, cioè quella di sognare un Paese diverso. Danilo Dolci, un grande filosofo che visse in Sicilia, nonostante fosse settentrionale, diceva che ciascuno cresce solo se sognato. Allora, io credo che l’Italia potrebbe crescere solo se iniziamo a sognarla.”
 
Claudio Giardullo ribadisce le opinioni di Saviano riguardo alla farlocca difesa della privacy, millantata da questo disegno di legge. Secondo Giardullo, con questa legge “saremo assolutamente meno sicuri. E lo dice oltre il 90% dei poliziotti italiani di qualunque colore e orientamento politico. Questa legge come effetto non avrà la tutela della privacy, ma meno legalità, meno informazione e meno diritti. La privacy è solo un pretesto. Se si volesse tutelare la privacy, basterebbe un articolo che indica quali sono gli atti giudiziari che devono rimanere segreti e che non possono essere assolutamente pubblicati fin quando non c’è sentenza. Non si fa così! Si impedisce la pubblicazione di qualunque atto giudiziario. Si impedisce la pubblicazione delle intercettazioni se non per riassunto. Tutto dice in questo disegno di legge che il lavoro delle forze di Polizia e della magistratura deve essere più difficile.”
 
Ma il reale fine del governo, come afferma Giardullo, è un altro: “Il vero obiettivo è avere un controllo di legalità addomesticato. Il vero obiettivo è non avere un controllo su chi gestisce la cosa pubblica. Il vero obiettivo è avere forze di Polizia e magistratura impegnate non sulla gestione della cosa pubblica, sul governo del Paese e sui grandi reati di stato, ma sui disgraziati, sui poveracci, sui lavavetri. E’ classista questa legge!”.
 
E come cambierebbe il lavoro delle forze di Polizia con questa legge? Giardullo dichiara che “le investigazioni hanno nelle intercettazioni uno strumento fondamentale. Servono subito dopo la commissione di un reato per avere un quadro investigativo attendibile. Servono per orientare le indagini. Servono soprattutto all’inizio. Questo disegno di legge prevede intanto un tetto ai tempi delle indagini, come se i tempi della criminalità organizzata e mafiosa possano coincidere coi tempi delle indagini dello Stato. Solo chi non conosce la lotta alla mafia può pensare che questi tempi coincidono. Quindi, già il tetto è una cosa incredibile ed inammissibile. E ancora: sessanta giorni più quindici di proroga più l’ultima trovata del Senato, ovvero le proroghe “tre giorni per tre giorni”. Queste farebbero correre i poliziotti, carabinieri e finanzieri dalla città dove operano fino al luogo in cui c’è il tribunale. E’ più una corsa contro il tempo per avere un’autorizzazione che l’impegno a fare le investigazioni. E c’è ancora la trovata del “giudice collegiale”. Siamo in un Paese in cui un giudice monocratico può stabilire della nostra libertà personale. Può convalidare un arresto, mentre ci vuole un giudice collegiale, più lento e che sta in un’altra città, solo per stabilire se si può fare una intercettazione.”
 
Giardullo prosegue, affrontando il problema delle “intercettazioni ambientali”: “E’ ridicolo se non fosse drammatico. Oggi con questo disegno di legge si potrebbe fare un’intercettazione ambientale soltanto se in quel determinato luogo privato si sta commettendo un reato. Se si sta commettendo un reato, noi interveniamo, non facciamo le intercettazioni”.
 
Il lavoro della Polizia e della Magistratura, dunque, sarebbe molto più complicato e difficile. “Diventerebbe difficilissimo affrontare la più pericolosa organizzazione criminale della Terra, come la ‘ndrangheta, ma anche le altre mafie, che non sono da meno. La mafia ha un fatturato annuo di 135 miliardi, di cui 78 netti; ha un giro d’usura di 13 miliardi; l’anno scorso ha usurato 200.000 commercianti e 160.000 imprenditori. Catania, Palermo, Napoli e Bari hanno dall’80% al 50% di imrpenditori taglieggiati. Una struttura così non si può fronteggiare senza strumenti investigativi. E invece si ridimensionano! Legalità, informazione, conoscenza devono essere addomesticati.  Legalità, informazione e conoscenza sono gli strumenti di difesa di chi non ha potere. Sono i requisiti minimi perchè uno Stato possa essere considerato democratico. Sono l’infrastruttura materiale più importante per uno Stato che vuole lo sviluppo e vuole che non sia quella verso la quale stiamo andando, ovvero una società fatta di pochi cittadini garantiti e molti sudditi che sono esposti ad ogni rischio.”.
 
Giardullo conclude: “Con i magistrati, i giornalisti e coloro che producono cultura andremo fino in fondo in questa battaglia, a difesa dei diritti costituzionali e di chi non si rassegna a vivere in una società che qualcuno vuole fatta di pochi cittadini e di molto sudditi”.

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