“Avverto un rischio: che l’attenzione delle manifestazioni del primo luglio si concentri solo sulla libertà di stampa ma non sulla sicurezza”. A parlare così è Armando Spataro, sostituto procuratore al Tribunale di Milano che non fa mistero delle sue preoccupazioni sul ddl ora all’esame della Camera. Secondo il magistrato infatti se la legge Alfano sulle intercettazioni entrasse in vigore, ad essere compromesso non sarebbe solo li diritto dei cittadini ad essere informati, ma anche quello di vivere in un paese sicuro dove magistrati e poliziotti siano in possesso di tutti quegli strumenti per indagare e perseguire il crimine.
E le intercettazioni oggi giorno sono lo strumento d’indagine di gran lunga più importante. “Se qualcuno non le vuole più – dice il magistrato – lo dica chiaramente e noi rinunceremo a tutelare la sicurezza”.
Secondo Spataro la legge bavaglio presenta degli elementi in grado di destrutturare le indagini talmente paradossali da risultare kafkiani.
Uno su tutti è la gravità degli indizi necessari per cui un magistrato potrà chiedere di effettuare intercettazioni. Sarà pari a quella per infiggere una condanna. Detto in altre parole una registrazione telefonica o ambientale serve a trovare dei riscontri ad determinate ipotesi di reato, ma, col ddl in vigore, per autorizzarla serviranno gli stessi riscontri che si spera di scoprire nel corso dell’indagine per cui si è chiesta l’intercettazione.
Kafka a parte, secondo il procuratore di Milano, la legge bavaglio mette in discussione il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale per una serie di altre ragioni a partire dai cosiddetti “reati satellite” alla mafia o al terrorismo: vedi l’usura, il riciclaggio ma anche l’omicidio. “Se passa il provvedimento, per indagare questi reati mediante intercettazioni – dice Spataro – avrò come tempo massimo 75 giorni, dopodiché dovrò chiedere successive proroghe ogni tre giorni. Qualcuno mi spieghi come, con questi strumenti, riuscirò a dimostrare l’eventuale mafiosità o natura terroristica di certi reati. Bisogna capire che noi riusciamo a qualificare determinate condotte come mafiose solo indagando sui reati minori, vedi il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
Se poi a chiedere la proroga è un Pm di Como o di Lodi, con il ddl in vigore, non sarà più il giudice per indagini preliminari del suo tribunale ad autorizzarla, ma, ogni tre giorni, dovrà portare le carte a un collegio di giudici che di stanza sarà nel tribunale del distretto che sta nel capoluogo. In questo caso a Milano.
E non parlategli del fatto che chi vuole il ddl bavaglio agiti il diritto alla privacy dei cittadini che sarebbe costantemente violato dai magistrati che danno le carte ai giornalisti. Su questo tema Spataro non ha dubbi: “E’ dal 1998, col Ministro Flick, che si parla della creazione di un archivio riservato accessibile solo agli avvocati. In questo modo – secondo il procuratore – una volta che il giudice decide che determinate conversazioni non sono rilevanti ai fini delle indagini, queste rimangono segrete, accessibili solo dagli avvocati difensori”.
A lavorare con un braccio legato dietro la schiena, Spataro proprio non ci sta e se la prende con chi ha promosso questa legge sottolineando come la maggioranza, in epoche non sospette, avesse fatto della sicurezza “un vero e proprio brand. A partire dal contrasto dell’immigrazione clandestina”.
I principi su cui si fonda la democrazia non sono negoziabili e non è un caso che sulla difesa della libertà di stampa ci sia stata una mobilitazione tanto grande. E’ per questo che Spataro fa tanti auguri ai manifestanti che scenderanno in piazza il primo luglio, ma con la raccomandazione di non dimenticarsi di coloro che per legge, almeno per ora, sono obbligati a perseguire il crimine. E che se passerà il ddl Alfano, d’ora in poi dovranno farlo con armi spuntate.

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