Promesso, domani torniamo a parlare di cinema. Oggi, no: l’occasione è triste, ma ghiotta, purtroppo. Siamo fuori, ma non è una novità: dentro non siamo mai stati. Parliamo di Mondiali: 3-2 a favore di un Paese, la Slovacchia, che non è più ci(e)co, anzi, ci vede benissimo, almeno, meglio di noi. Andiamo a casa, come la Francia, che pure abbiamo preso per il culo: adieu, adieu. Noi, invece, arrivederci, e senza grazie.

Il nostro canovaccio sudafricano è da B-movie, ma impietoso: non si ride, non c’è né camp, né gore, né splatter, solo una figura indegna.
E pensare che giocavamo nello stadio caro a Clint Eastwood, quello di Invictus (e pure ‘O sole mio…): ma lui è un grande vecchio, noi, dei vecchi, e basta. Le premesse erano da Gattopardo, ma al tappeto, quello dei salotti buoni della Figc: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!”, almeno per un po’, vedi la parentesi in panchina di Donadoni.

Poi, nel paese dei balocchi impolverati, è tornato Lippi, l’emiro del contropelo Cannavaro (nel futuro prossimo Dubai a rimpinguarlo,nel presente le Gillette a raderlo) ha rigonfiato la pasta del capitano, mentre Cassano è rimasto a casa e si è sposato, Balotelli è rimasto a casa e fa gli esami di maturità.

Se a Berlino 2006 in casa azzurri giocava Brecht (“Triste quel paese che ha bisogno di eroi”), ora la palla passa a Flaiano, perché “la situazione è grave ma non seria”: Calderoli parla di vivai mal potati e di gramigna straniera, Bossi riderà, ma a bocca storta, Lippi sfotte l’Uganda, poveraccio.

E noi? Noi abbiamo un motivo in meno per non andare al cinema – domani esce il cileno Affetti e dispetti, non perdetelo – e un motivo in più per togliere la polvere al caro, vecchio (ma buono, come Clint) esame di coscienza.

Chi siamo? L’Italia? Dove andiamo? A casa. Ma il Sudafrica,  vuvuzelas permettendo, può dormire sonni tranquilli: torneremo. A Natale, con il cinepanettone Filmauro…

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