Venerdì scorso, davanti ai cancelli dell’ingresso numero 2 del “Giovanbattista Vico” di Pomigliano d’Arco, al cambio turno c’era il picchetto dei Cobas. Le bandiere erano quelle rosse dei sindacati di base. I volantini, invece, avevano in calce una sigla politica: Italia dei valori. Sabato, dal suo blog, Antonio Di Pietro ironizzava sul referendum con cui oggi i 5.200 operai della Fiat dovranno pronunciarsi sulla proposta dell’azienda: «Vuoi che la Fiat chiuda e ti licenzi, oppure rinunci ai tuoi diritti, compreso quello allo sciopero? Rispondi!»

L’europarlamentare Luigi De Magistris ha bollato la bozza Marchionne come «un patto estorsivo», davanti a decine di iscritti alla Fiom-Cgil, l’unica sigla contro. È l’ultimo atto della strategia lanciata ormai un anno fa dal partito di Antonio Di Pietro: fare breccia nel cuore della classe operaia, puntando anche sulle incomprensioni all’interno del più grande sindacato italiano. «La crisi dei partiti è il prodotto di una classe politica sempre più autoreferenziale e incapace di mettere al centro della sua agenda il lavoro e il lavoratore», ammette a denti stretti un sindacalista di lungo corso, proprio davanti al Cinema Gloria di Pomigliano d’Arco, dove la politica politicante ha mandato in scena l’ultima farsa in atto unico sul destino degli operai Fiat: un’assemblea congiunta del consiglio comunale e di quello provinciale.

La breccia di Pomigliano. «Qui non possono contare su nessuno» dice sicuro un delegato dei confederali davanti ai cancelli. Ma le spaccature tra le varie sigle e all’interno stesso della Cgil, hanno già allargato le maglie: le crepe di un rapporto logoro diventano piccole voragini in giorni difficili come quelli che attraversa oggi il mondo del lavoro. Un linguaggio semplice, fatto di pochi slogan e di scelte nette: così, in 18 mesi, Di Pietro ha raccolto adepti e consensi elettorali, rosicchiando voti al Pd e alla sinistra, seguendo l’esempio fruttuoso della Lega. Lo ha fatto schierandosi al fianco dei lavoratori in lotta, salendo sui tetti insieme a loro, scendendo in piazza al fianco dei dipendenti dell’ex Eutelia, dell’Ispra, della Ssc della Telecom. Ora Pomigliano, dove per inciso non si è visto un leader del Pd in questi giorni, ma in compenso tutti hanno letto le parole di Piero Fassino («Io mi auguro che vincano i sì»). A dire qualcosa di sinistra, ci pensa Maurizio Zipponi, l’ex leader di Fiom a Brescia oggi responsabile del lavoro dell’Idv: «Siamo all’accanimento terapeutico contro il lavoratore. Chi l’ha detto che per fare queste produzioni bisogna ridurre gli operai in schiavi?». E ancora: «Caro Marchionne, non discutere sui giornali, ma parla coi lavoratori». Parole affidate a un filmato che gira su youtube. Ora, anche su alcuni telefonini all’interno dello stabilimento di Pomigliano.


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