Alcune cose sappiamo. Una è che Berlusconi sta andando rovinosamente verso l’ uscita. Non c’è alcuna ragione di esultare.

“Rovinosamente” si riferisce all’ Italia, non a Berlusconi che è salvo perché non ha neppure una reputazione da perdere. E ha strumenti per farsi glorificare.

Un’altra cosa sappiamo: ogni aspetto della vita italiana è stato colpito, ferito, vandalizzato, la moralità, la memoria, la storia, i legami fra cittadini, le connessioni fra le parti del Paese, interessi, garanzie.

L’Italia è stata resa gretta, avida, razzista. La “caccia al negro” di Rosarno, i respingimenti in mare ad opera della Marina Militare, le carceri dei suicidi e i lager dei centri di espulsione, le ronde e la distruzione dei campi nomadi sono cambiamenti brutali nella vita italiana.

A coronamento di tutto ciò, Berlusconi, che ha taciuto mentre in Calabria infuriava la pulizia etnica, proprio in Calabria va ad annunciare (il giorno dopo il “Giorno della Memoria”) che “gli immigrati sono criminali”, primo capo di governo, dopo le guerre nella ex Yugoslavia, ad incitare dall’alto all’odio razziale. Poi lancia un piano antimafia che non è altro che il lavoro che i magistrati stanno facendo da soli e da anni a rischio e al costo della vita.

La terza cosa che sappiamo è che non ci sarà un “dopo” nel senso di un ritorno alla relativa normalità del “senza Berlusconi”, se mai c’è stata. Ci troveremo in un paesaggio umano e politico del quale non ci sarà più traccia, per molti neppure memoria, dell’Italia di prima. I Radicali dicono: “illegale prima, illegale dopo”.

Giusto. Ma è la quantità di rovina che farà la differenza, perché, rispetto all’illegalità precedente, quella di Berlusconi è stata un’opera vitale, instancabile, estesa ad ogni piano e livello, dal tono morale alla specifica devastazione degli infissi giuridici e organizzativi della Repubblica, dalla corruzione in tempo reale di ogni luogo di funzionamento della comunità nazionale alla sfida aperta e continua contro le poche istituzioni ancora intatte.

Non ci sarà un “dopo” perché il day after sarà disordinato, anarcoide, un vagare dei superstiti della politica fra le macerie in cerca di piani e progetti che non siano già stati bruciati dalla distruttività berlusconiana e non siano già stati sprecati nel tentativo infruttuoso di fare argine a una stagione esuberante e vitale di vandalismo come Governo. Meglio non abbandonarsi a fragili speranze.

Il sistema dei media, oggi diventato colonia, con i governatori-direttori direttamente nominati dal padrone e disposti ad esibire – anche non richiesti – la loro sottomissione al padrone, non cambierà quando non ci sarà più Berlusconi. Il mito di riferimento, già pronto e in attesa di occupare tutto lo spazio, è quello di Fabrizio Corona e della notizia come ricatto.

Il ricatto sarà agguato occasionale di bande invece che azione costante di Governo come ai tempi di Pollari e di Pompa. Diventerà evento quotidiano di pirateria e di imboscata. Già, ma chi saranno i superstiti della politica, di una politica così padronale e – purtroppo, a causa dei troppi cedimenti, dei troppi silenzi – così complice anche quando intendeva essere alternativa? Non so dire se sia una sfida alla constatazione di fatti o all’ immaginazione rispondere a questa domanda.

Certo, la storia conosce sorprese, le sorprese accadono nel meglio o nel peggio (questa volta, nel “senza Berlusconi”, toccherebbe statisticamente al meglio) eventi del tutto imprevisti che portano in scena leader del tutto inattesi.

Ma poiché sia il tentativo di guardare avanti in politica, sia l’immaginazione richiedono almeno qualche punto di riferimento reale, il compito si fa arduo. Viene voglia di dire – con ansia e tristezza- “dell’epoca di Berlusconi non si salva niente. Non si salva nessuno”. Non resta che trasformare questa affermazione negativa e drammatica in una esortazione accorata: qualcuno lasci un segno, indichi il luogo di un appuntamento, identifichi un leader che abbia voce e coraggio e una immagine che non si è mai resa disponibile a tollerare ciò che è fervidamente e continuamente accaduto nei quindici anni di Berlusconi.

Suggerisco appassionatamente di lavorare allo scenario del “senza Berlusconi”, che non è una realtà così lontana. Ma non va scambiata con la festa della Liberazione perché tale non sarà. Sarà vuoto e sbando dopo illegalità e distruzione. Ovvero la continuazione della illegalità come scontro di bande invece che della illegalità gestita direttamente da organi di Stato e rappresentate personalmente dal Primo Ministro senza vergogna e senza pudore. E dai suoi commensali e sottosegretari.

Eppure, come sanno i tanti italiani che hanno deciso di essere assenti non solo alle urne ma anche nei sondaggi, sarebbe urgente che ci fosse adesso e subito un appuntamento nel day after. Non è una speranza, perché molto del peggio è già stato fatto. E molto può ancora venire. Ce lo dice lui stesso – Berlusconi – con quel tono amaro, sprezzante in cui morde nel vuoto benché, in apparenza, vinca in tutto, su tutto.

Forse si rende conto per primo di non essere stato mai così irrilevante, nonostante il finto trono e la celebrità mondiale da commedia leggera. Ma qual è il punto di raccordo in cui gli italiani che non si sono abbandonati al carnevale berlusconiano dovrebbero ritrovarsi? Perché? Con chi? Per quale ragione o impegno o progetto? Chi, davvero, non ha collaborato ai quindici anni di ininterrotta egemonia (al governo o non al governo) di Silvio Berlusconi? Le domande ci sono e credo siano in tanti a farle. Per ora non ci sono risposte.

Da il Fatto Quotidiano del 31 gennaio

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