La replica di Sandra Amurri (25 novembre 2009)

Cara Signora Maria Antonietta Aula, comprendo il suo stato d’animo, e per questo le sono vicina, seppure non condivida le ragioni che la portano a confondere una conversazione, sì cordiale, come lei la definisce, con un’intervista svoltasi attraverso diversi incontri e non solo nella sua azienda, corredata da documenti che mi ha fornito in parte originali, in parte che lei mi consegnato dopo averli fotocopiati e in parte spedito via fax. Oltre ad altre prove di quanto da me scritto che se costretta non farò fatica a produrre nelle sedi competenti. Ripeto, si può, cambiare idea, o essere costretti a farlo, questo dipende dal livello di autonomia e libertà individuale, ma non si può rinnegare ciò che si è detto e fatto accusando me di “cinismo”, “mancanza di deontologia professionale” e il mio giornale di “acrimonia” al “fine politico” visto che la correttezza e il rispetto sono stati totali come attesta la premessa all’articolo pubblicato e la delicatezza con cui la mia penna l’ha ritratta. Quelle che lei definisce, solo oggi, ”sbiadite tessere” sono fatti, fatti gravi, di cui un Senatore della Repubblica Italiana dovrebbe sentire il dovere di  spiegare a quel popolo, tutto, che lo stipendia. Perché, come ripete spesso il Presidente della Camera Fini: “Nei rapporti con i mafiosi il politico deve essere, come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto”.
La saluto con la speranza sincera  che possa trovare la forza per sostenere quella verità che lei conosce, che mi ha affidato, ripeto tutta documentata, e che ho riportato testualmente.

La lettera di smentita di Maria Antonietta Aula (25 novembre 2009)

Rif. articolo pubblicato sul Vostro giornale: “Storie siciliane e di denaro” a firma di Sandra Amurri, specifico la seguente richiesta di rettifica con richiesta di pubblicazione a norma delle leggi vigenti sulla stampa.

“Leggo con stupore l’articolo di Sandra Amurri e quelli di contorno che traggono spunto da una conversazione da me avuta con la stessa, con la cordialità che mi è propria e durante l’esercizio della mia attività di impresa (B&B), risultata poi alla luce dei fatti proditoriamente procurata, deformata, infarcita e strumentalizzata per far credere al lettore nell’esistenza di un contesto di presunti rapporti tra il Sen d’Alì, mio ex-marito, ed il mondo della mafia che si pretenderebbero dall’autrice come solo oggi resi noti per mio tramite.

Nello smentire categoricamente, alla luce della mia lunga convivenza con il Sen. D’Alì, che retaggi di tali antiche presenze rurali, peraltro già ampiamente note, abbiano potuto in alcun modo avere riflessi sulla sua attività sociale e politica, e sui nostri rapporti successivi alla separazione ed al divorzio, mi riservo ogni possibile azione nelle competenti sedi a tutela della verità dei fatti e della mia privacy di donna e di imprenditrice così cinicamente calpestata.

Tardivamente ho intuito della trappola tesami e che una innocente e cordiale conversazione sui problemi generali di questa Terra, sarebbe stata clamorosamente stravolta e strumentalizzata ed avevo, come si legge, con ulteriore senso del disprezzo nei miei confronti, indicato la precisa volontà che non si facesse né uso pubblico della citata conversazione né tantomeno che venissero riferiti come veritieri dei fatti poi riportati nell’articolo che qui fortemente si censura.

Indicazione che non è stata rispettata e che dimostra come l’acrimonia ed il fine politico di provare a costruire un mosaico fantasioso su alcune insignificanti e sbiadite tessere, e di esibirlo al lettore per lo più ignaro come verità di contesto, prevalgano in un certo tipo di giornalismo sulla deontologia professionale, sul dovuto rispetto della verità e sul rispetto dei sentimenti e della dignità delle persone.

Mi è doveroso precisare che già con nota del 09 Novembre 2009 avevo diffidato l’autrice alla pubblicazione dell’articolo trasmessomi anticipatamente per l’approvazione, ritenendolo non veritiero dei fatti in esso indicati e dello spirito di cordialità che ha improntato la nostra conversazione.”

Maria Antonietta Aula

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