Ecco l’ultima perla che il caso Marrazzo ci regala. Dunque apprendiamo che il nostro beneamato premier aveva saputo del video, del ricatto, eccetera. Da ottimo consulente di cose giudiziarie e private, aveva detto a Marrazzo: “I miei giornali non la pubblicheranno. Tu vai a Milano, e ricomprati il video”. Il piano non si è chiuso solo perché il solito magistrato rompiscatole si è attenuto a principi desueti come il rispetto della legge e l’obbligatorietà dell’opposizione.

Ancora una volta c’è da stupirsi di come i giornali riportano con un tono apparentemente bonario e senza nessun commento questa notizia. Così scopriamo che due autorità pubbliche, un presidente di regione e un presidente del Consiglio, di fronte ad un ricatto, non sono nemmeno sfiorati dall’idea di rivolgersi alle autorità giudiziarie, a un magistrato, o a un poliziotto. Non gli passa proprio per la testa.

Il che vorrebbe dire che ha terribilmente ragione Fabrizio Corona (purtroppo) quando prova a difendersi dicendo “Così fan tutti”. La cosa ancora più sconvolgente, ovviamente, è l’atteggiamento di Marrazzo, di cui continuo a cercare – senza successo – un filo logico. Quest’uomo condivideva più segreti con Berlusconi che con sua moglie. E anche lui non era nemmeno sfiorato dall’idea che il fatto di essere bonariamente appeso per le palle alle consulenze e alla magnanimità del premier non era una condizione minimamente compatibile con il proprio ruolo. C’è anche in questo uno dei tanti paradossi dell’opposizione che non c’è: dovresti essere abituato a considerarti controparte del potere, e invece finisci per esserne un assistito. Dovresti controllare, e invece sei controllato. Resta da capire se per un leader di sinistra sia meglio trovarsi nelle mani di Silvio che nelle mani di Brenda. La seconda che ho detto, direi.

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Luca Telese blog

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