In Italia i tempi della politica sono troppo lenti Una ricercatrice spiega perché i soldi in ritardo sono inutili.
di Caterina Perniconi

Alejandra Navarro Garcia è un ingegnere agrario di 31 anni e vive a Bari con una borsa di studio post dottorato finanziata da una fondazione spagnola. É arrivata in Italia due anni fa e il suo contratto scade a gennaio 2010. Ci ha scritto una e-mail all’indirizzo ricercatori@ilfattoquotidiano.it per segnalarci la sua storia, dopo gli articoli dedicati alle difficoltà dei giovani ricercatori che provano a lavorare in Italia.

“Mi sono trovata bene nel vostro Paese – racconta Alejandra – fino a quando non ho avuto a che fare con la burocrazia e ho avuto una brutta sorpresa. Ovvero fino a quando, l’anno scorso (il 19 dicembre 2008) il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) ha emesso il bando “Futuro in ricerca” rivolto ai giovani ricercatori di età inferiore ai 38 anni. “Ho capito subito che era una cosa interessante per me – dice Alejandra – perché mi permetteva di restare in Italia, continuare a lavorare con un gruppo già avviato, ma soprattutto mi rendeva totalmente responsabile del mio progetto, libera di scegliere autonomamente idee, persone e tecnologie, come succede di solito all’estero”.


IL BANDO.
Il bando di cui parla Alejandra fa parte di un finanziamento per la ricerca di base di 50 milioni di euro destinato ai progetti di dottorati under 32 o di docenti ricercatori under 38, anche cittadini comunitari come lei, di durata almeno triennale. La scadenza prevista per la consegna delle proposte, finanziabili da 300 mila euro a 2 milioni, era il 27 febbraio scorso. “Si trattava di un bando di difficile compilazione – spiega Alejandra – perché dovevi dimostrare di essere appoggiato a una struttura esistente che è in grado di finanziare il 30 per cento del progetto. Io appartengo al Cra (Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura) che non dipende dal Miur, quindi ho dovuto chiedere aiuto ad alcuni colleghi del Cnr che mi hanno supportata. Insomma, ci ho messo un mese e tanta speranza”. Il bando prevedeva che la valutazione dei progetti si concludesse in 180 giorni, affidando il compito a commissari anonimi, anche stranieri. L’esito, quindi, doveva essere pubblico a fine agosto. Come tutti gli addetti ai lavori sanno, sei mesi per una decisione sono già moltissimi. Perché un progetto di ricerca in 180 giorni potrebbe essere già superato, figurarsi in un anno. Già, perché i risultati di “Futuro in ricerca” non sono ancora usciti e bisognerà aspettare almeno la fine del 2009.

RISPOSTE.
“Sto cercando notizie disperatamente – dice Alejandra – e come me in molti. Ci siamo organizzati tramite blog per provare a condividere novità ma non sappiamo niente. Se io ad agosto avessi capito se ero vincitrice o meno avrei potuto disegnare la mia vita dopo gennaio, quando scadrà la borsa, adesso invece non so che fare, sto cominciando a pensare di tornare in Spagna perché almeno lì, anche se sei un precario, hai tutte le garanzie e soprattutto sai che per qualunque concorso ti rispondono con non più di una, al massimo due, settimane di ritardo. Chissà quanti come me aspettano invano di progettare la propria vita”.

SCARICABARILE.
Il Miur scarica le responsabilità sul Cineca, un consorzio al quale il ministero ha esternalizzato la compilazione di una lista di esperti internazionali da cui estrarre i 20 nomi dei valutatori dei progetti dei giovani ricercatori. A settembre gli elenchi non erano ancora pronti. A quel punto una commissione ministeriale ha consegnato al Cineca 60 nomi tra i quali devono essere scelti i 20 incaricati di giudicare le proposte. “Le valutazioni ora sono cominciate, tra poco uscirà il decreto con i nuovi tempi per la risoluzione del bando, la stima è per la fine dell’anno”. Questa è la risposta che si ottiene telefonando al ministero, e se chiediamo se non ci sono possibilità di chiusura più immediate, rispondono che “ormai la fine dell’anno è arrivata”.

Alejandra spiega che, mettendo in conto i risultati e la burocrazia dei ricorsi, i soldi non arriveranno ancora per molti mesi. “E io – si chiede – nel frattempo che faccio? Non mi rimane che cercare un’altra forma di precariato. Ma non so se in questo paese o in un altro”.

da Il Fatto Quotidiano n°25 del 21 ottobre 2009

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