Tre manager dentro l’azienda, fuori la protesta.

Sequestro o non sequestro? “E’ chiaro che gli operai giocano sull’ambiguità perché questo è l’unico modo che hanno per attirare l’attenzione dei giornali e della politica sul loro dramma”, risponde Luca Colonna, responsabile del settore ferroviario della Uilm.
La protesta. Questi sono i fatti: a Colleferro (vicino a Roma) c’è uno stabilimento della multinazionale francese Alstom. Ieri mattina arrivano tre dirigenti, annunciano che la fabbrica sarà chiusa entro nove mesi, gli operai si mettono subito in sciopero, escono e organizzano una protesta. Alle quattro del pomeriggio inizia a circolare la notizia che i manager sono sequestrati dentro da mezzogiorno, non possono uscire e verranno segregati finché non si troverà una mediazione.

“Anche in Italia c’è il rischio di emulazione del fenomeno francese del bossnapping”, avvertiva ad aprile il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. E quello di ieri sembrerebbe il primo vero caso italiano, ma in molti cercano di ridimensionare. A partire dal sindaco di Colleferro Mario Cacciotti: “Sono qui con gli operai, non c’è nessun sequestro, solo una normale protesta, questo è uno stabilimento di eccellenza, chiuderlo significa mettere in crisi 170 famiglie e sarò al loro fianco anche alla prossima manifestazione a Frascati”. Poi se ne va per partecipare a un consiglio comunale. Gli operai, però, dicono che “finché non si trova una soluzione, da qui non si muove nessuno”. Per un paio d’ore si resta nell’incertezza, poi esce uno dei tre manager, Riccardo Pierobon: “Siamo qui da stamani e non abbiamo ancora avuto necessità di uscire dalla fabbrica. Abbiamo tranquillizzato carabinieri e polizia che non siamo stati sequestrati. Volevamo sdrammatizzare, non c’é stato alcun tipo di intimidazione o violenza nei nostri confronti”. Alle otto di sera i manager sono però ancora dentro l’azienda: “Stanno parlando, fuori c’è il sit-in. Ripeto: un sit-in, nessuna porta è stata sbarrata, nessun cancello chiuso e soprattutto nessuno è stato minacciato”, precisa Antonio Tiribocchi, delegato della Filcem (lo stabilimento Alstom si occupa di meccanica ma il contratto applicato è quello dei lavoratori chimici, quindi sono attivi entrambi i sindacati).

Una sola cosa è certa: a Colleferro c’è tensione, parecchia, perché la chiusura dello stabilimento Alstom certificherebbe la fine del sito industriale in cui una volta c’era una fabbrica di esplosivi, poi riconvertita. La vicenda industriale della cittadina romana è un intreccio di questioni industriali, richieste politiche ed effetti della crisi. La Alstom produce treni e vari prodotti collegati: in Italia ha stabilimenti anche a Cuneo, Bologna, Sesto San Giovanni, Bari. A Colleferro costruiva il Minuetto, i piccoli treni regionali a tre vagoni commissionati dalle Ferrovie dello Stato. Poi, nel 2006, la produzione è cessata: l’impianto è stato riconvertito per la matuenzione di eccellenza ma, spiega Colonna della Uilm, “non è arrivato quasi nulla da manutenere”. Alstom è un colosso che lavora in mezzo mondo che ora sta scontando la crisi: un anno fa aveva ordini per 6,5 miliardi di euro, nel trimestre aprile-giugno del 2009 erano crollati a 4,8. E quindi ha iniziato a tagliare i rami secchi, incluso lo stabilimento italiano: ai lavoratori ha proposto il trasferimento a Nola (Napoli) o in Francia. Un’offerta che – essendo per molti inaccettabile – vuole spingere alle dimissioni spontanee. Secondo i sindacati, una fetta di responsabilità per questa situazione è di Trenitalia che negli ultimi quattro anni non ha bandito gare d’appalto tranne quella molto recente per 350 vagoni (va però ricordato che, se oggi lo facesse a Colleferro non sarebbero comunque in grado di costruire un treno completo, visto che si occupano di manutenzione). E, risalendo per la catena, è colpa anche del governo che non impone a Trenitalia di investire sostenendo l’occupazione nei siti industriali italiani.
E il governo è intervenuto sulla vicenda. Ha parlato il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, Maurizio Sacconi, per dire che si tratta di un tentativo di “drammatizzazione mediatica” da non assecondare perché “costituirebbe un pericoloso precedente”.

Le prospettive. Il 16 ottobre il caso Alstom verrà discusso in una riunione al ministero delle Attività produttive. I sindacati continuano a sperare in una soluzione industriale perché – spiega Tiribocchi – “Alstom ci ha detto che a Colleferro siamo i più bravi d’Europa a fare treni”. Peccato che Alstom abbia deciso da quasi tre anni che a Colleferrro, al massimo, si fa solo la manutenzione. Fin da subito i lavoratori avevano detto che non c’era mercato per quella e che il cambiamento di attività era l’anticamera della chiusura. Avevano ragione.

di Stefano Feltri da Il Fatto Quotidiano n°13 del 7 ottobre 2009

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