Attraversi il Transatlantico un attimo dopo il voto sullo Scudo fiscale, ieri a Montecitorio, e per un attimo ti pare di sorvolare una trincea bombardata da un ordigno fuori bersaglio. I due eserciti si contemplano stupiti, rintronati, cercano di capire cosa sia successo. Sul tabellone luminoso brillano numeri irrevocabili: 522 presenti, 520 votanti, 2 astenuti. Lo scudo fiscale è passato per soli 20 voti, in una Camera in cui il centrodestra vanta un vantaggio incolmabile. Incolmabile? Balle.

La rabbia di La Russa. Nulla è andato come doveva, nè da una parte, nè dall’altra. E adesso, sui tre portoni di accesso all’aula si formano i capannelli. I primi conti sono facili: nel centrodestra è crollato il Pdl, falcidiato da tanti deputati “doppiolavoristi”, che hanno preso l’abitudine di disertare le sedute più importanti. Il Pdl ha visto sottrarsi al voto ben 56 dei suoi deputati, ed è stato salvato dal fatto che 51 leghisti su 60 hanno garantito la tenuta della maggioranza. Ecco perchè Ignazio La Russa non tratteneva il suo sconcerto: “Ma siamo impazziti? Trenta deputati in meno? Questo è un fatto grave”. Subito dopo il ministro della Difesa puntava il dito sui presunti colpevoli, rompendo ogni diplomatismo: “Dovremo fare bene i conti con tutti. Anche con chi si rifugia nelle missioni per giustificare l’assenza grazie ai suoi incarichi istituzionali…”. Con chi ce l’aveva? Lo vedremo fra poco. Intanto continuiamo la nostra carrellata e passiamo nell’altro campo. Se Atene piange Sparta non ride. E infatti il vero choc – paradossalmente – si abbatte sul centrosinistra, che in tutta la mattinata, nei primi voti, era apparso in forte vantaggio. E che nel passaggio più importante, però, ha mancato il colpaccio per un soffio. Bastava che 22 dei 33 voti dispersi per diversi motivi non sfuggissero all’appello (un risultato possibile, per chi ha pratica del Parlamento) e ieri l’opposizione avrebbe festeggiato la caduta del governo Berlusconi.

Anche molti che avevano criticato questo giornale per la pubblicazione della lista degli assenti di martedì (soprattutto in casa Pd) ieri si mordevano le mani. Ed anche escludendo l’ irrecuperabile Capodicasa (risulta ricoverato) e l’errore di sistema che ha bloccato Furio Colombo (era in Aula, ha votato e ha fatto mettere immediatamente a verbale il suo No) sono molti gli assenti decisivi. E’ come attraversare un campo di battaglia, questa passeggiata dopo-voto. Nel capannello dell’Italia dei valori il vicecapogruppo Fabio Evangelisti sospira: “Ci è mancato solo un voto. Sarebbe stato meglio avere anche quello. Ma c’era il 96% di presenze, se le altre opposizioni fossero state presenti come noi. Avremmo vinto.”. Il disperso dipietrista, Aurelio Misiti era sotto un treno. “Da tre anni non manco un voto! Ma dovevo accompagnare mio fratello a una risonanza magnetica. L’avevo programmata da tre mesi, lo slittamento del voto mi ha fregato”. Già: alcuni sono stati spiazzati dalla dilazione dettata dall’ostruzionismo. Ma altri? A voto concluso si scopre che la presidenza del gruppo Pd aveva fatto una stima: “Erano 11 – spiega il piddino Emilio Quartiani – quelli che si erano giustificati con motivi inoppugnabili”: Lo stesso deputato, poco prima del voto, aveva chiesto lo scrutinio segreto: “Il motivo? Semplice: liberando i deputati dall’identificazione avremmo favorito i dissidenti”.

Il giallo. E su questo punto prende forma l’ultimo giallo. Con chi ce l’aveva La Russa? L’elenco dei deputati in missione a destra ha acceso qualche sospetto: oltre al ministro Ronchi mancavano un finiano di ferro come Roberto Menia, e l’uomo più vicino all’ex leader di An, Donato Lamorte. Fra quelli che non hanno partecipato al voto, un altro deputato un tempo molto legato al presidente della Camera, Manlio Contento, e l’ex ministro Mirko Tremaglia. Solo un caso? Oppure l’anima finiana e legalitaria del Pdl ha fornito un assist? Se così fosse stato, il Pd non l’ha capito, e l’Udc, con 7 assenti, non è stata all’altezza della sfida. Le frasi più dure, ieri, erano di Pierferdinando Casini: “Per gli assenti ingiustificati, che comunque non sarebbero stati determinanti ai fini del voto, la presidenza del gruppo prendera’ immediate sanzioni”. Casini annunciava – addirittura! – “sanzioni economiche”. Anche Antonello Soro, vergava parole di fuoco: “Ci saranno sanzioni per 11 deputati non giustificati”. Ma in casa Pd molti notano le assenze dell’ala rutelliana teodem: Binetti, Fioroni, Lanzillotta… Un altro caso? Nel Transatlantico bombardato aleggia di nuovo l’ombra del congresso Pd.


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da Il Fatto Quotidiano n°10 del 3 ottobre 2009

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