Brutto affare le notizie, specie per chi non vi è abituato. In quattro giorni Il Fatto ne hapubblicate almeno due di un certo peso: l’indagine sul sottosegretario Gianni Letta e quella sul cosiddetto ministro della Giustizia, Angelino Alfano. In entrambi i casi gli interessati hanno replicato, com’era loro diritto. E hanno mentito, com’era loro dovere. Palazzo Chigi, di cui Letta è l’incarnazione mummificata, ha risposto che il gip di Roma ”ha definitivamente archiviato il procedimento giudicando del tutto inesistenti le ipotesi di reato formulate… La conseguente restituzione degli atti alla Procura di Potenza e la successiva trasmissione alla Procura di Lagonegro da parte della Procura generale della Cassazione nulla aggiunge al merito ed è legata a ragioni procedurali”.

Ballespaziali: i giudici di Roma hanno archiviato l’unica imputazione su cui erano competenti, l’associazione per delinquere; per le altre tre – truffa, abuso e turbativa d’asta – il Pg della Cassazione ha trasmesso gli atti alla Procura di Lagonegro perché decida se chiedere l’archiviazione o il rinvio a giudizio del ciambellano di Arcore. Se Roma avesse archiviato tutto, nessuna “ragione procedurale” avrebbe giustificato il tour del fascicolo da Roma a Potenza a Lagonegro.

Ed eccoci al Guardagingilli. Indagato con il collega Raffaele Fitto per abuso d’ufficio per aver tentato di stroncare la carriera al pm barese Marco Di Napoli che indagava su Fitto, l’onorevole Angelino dice chel’indagine del Tribunale dei ministri “è un atto dovuto e trae origine da una vicenda che non mi riguarda minimamente”. Dimentica di spiegare perché mai sarebbe un atto dovuto indagare su di lui se lui non c’entra, e perché diamine si occupi di lui il Tribunale dei ministri che, come dice la parola, si occupa solo di ministri. Ma Angelino Jolie è un insigne giurista di scuola arcoriana e la sa lunga. Purtroppo gli sfuggono alcuni particolari: il suo ministero ha bloccato percinque mesi la nomina del pm Di Napoli a procuratore di Brindisi, guardacaso mentre il ministro sguinzagliava gl’ispettori contro il pm Di Napoli, che guardacaso aveva fatto rinviare a giudizio Fitto.

Tra parentesi, il Csm attende pure il via libera ministeriale alla nomina del nuovo procuratore di Lagonegro, che guardacaso dovrà occuparsi di Letta. Sono tutte coincidenze, è ovvio. Come il fatto che, in una telefonata intercettata, il procuratore di Trani dica al suo avvocato di aver appreso da Fitto che la promozione di Di Napoli non s’aveva da fare. Una cosa vera, però, Alfano la dice: ha dato il via libera per Di Napoli il 17 settembre. Già, peccato che nel frattempo avesse ricevuto l’avviso di garanzia dai pm romani: preso col sorcio in bocca, s’è affrettato a sputarlo. 
Ma sentite ancora questa, che è strepitosa. Cito dalle agenzie di stampa e dai siti dei giornali di ieri: “Starebbe andando verso l’archiviazione la vicenda giudiziaria che vede indagato il ministro Alfano dalla Procura di Roma” che, “secondo quanto si è appreso,dovrebbe chiedere l’archiviazione”.
E’ un po’singolare che la Procura di Roma “faccia sapere” o consenta di “apprendere” notizie segrete che per giunta notizie non sono: non è stata chiesta l’archiviazione, ma sarà o potrebbe essere chiesta. Mentre ancora si fanno (o si dovrebbero fare) le indagini, già se ne anticipa la conclusione. Così chi indaga non si dà troppo da fare. E’ un’usanza esclusiva della Procura di Roma, e solo quando sono indagati Berlusconi e i suoi cari. Infatti nessuno protesta per la violazione del segreto né contro le toghe rosse. Anche perché queste, semmai, sono azzurre.

Da Il Fatto Quotidiano, n°4 26 settembre 2009

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