Sono cresciuto con l’idea che la metafora del potere abitasse nella cosiddetta “stanza dei bottoni”. Adesso sono costretto nella stagione della maturità (avanzata) a correggere metafora e sintagma. E tutto grazie e per merito di Silvio Berlusconi, un uomo, un mito, una storia fatta di cronache. Altro che le gaffe sulle “122 tangentopoli” in Abruzzo, invece che tendopoli: Freud a Tor Bella Monaca. Altro che la meraviglia espressiva sulla censura e le barzellette catto-comuniste (trovatemi un cattolico vero, e un comunista vero, oggi in Italia, e delle barzellette vere e non stantie…), tipo “mica chiudo i giornali”. Qui siamo al top, al bottone appunto.

Di che si tratta esattamente? Pare che negli Usa e in Svizzera effettuino un’operazione per caduti sul fronte della prostata che, attraverso un collegamento dei vasi sanguigni e un delicato ma non tanto intervento neurochirurgico, provochi un’erezione sovrana del membro, altrimenti barzotto o caduco. Una specie di bottone sullo stesso va come premuto (o cliccato, fate voi) per provocare la magnificenza idraulica, con il risultato del pennone al settimo cielo e per lungo tempo. Questo fa sì che la partner ricordi l’atto come qualche cosa di straordinario e irripetibile. Fin qui, tutto bene.

Ma che c’entra la stanza dei bottoni? C’entra, c’entra, centra anzi. Perché il titolare del bottone non prova alcun piacere fisico, diventa un meccanico idraulico di se stesso, e l’unico vero piacere che prova è quello del potere sessuale sull’atto e la partner, una specie di “volontà di potenza” circoscritta al bottone, un eros senz’anima, un affare per affari. Il potere per il potere di un membro meccanico.

Ebbene, grazie a Silvio va dunque riscritto il quaderno sul potere e sulle sue diramazioni, con le ultime scoperte scientifiche. C’è un po’ tutto della post-modernità in questa vicenda idraulico-metaforica, altro che le pochezze d’antan dei suoi avversari anche da questo punto di vista poco interessanti. Siamo alla potenza dell’impotenza. Grazie, Sire, ci mancherai.

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