La piscina comunale di Palermo non è un impianto sportivo tout court. La piscina comunale di Palermo è anche (soprattutto) una sorta d’agenzia interinale per l’impiego e il dispiego della forza lavoro del Comune guidato dal forzista Diego Cammarata. Lo stesso sindaco, da sportivo qual è, non disdegna una nuotata, di tanto in tanto, in quella che, evidentemente, ormai considera cosa sua. Non è l’unico. Anche il boss Lo Piccolo (chissà che ogni tanto non si faceva quattro bracciate pure lui) la considerava cosa sua, tanto che nel libro mastro con l’elenco di chi paga il pizzo a Palermo ritrovato al boss dopo l’arresto c’è una voce dedicata proprio alla piscina comunale. Piscina olimpica, si badi bene, vasca interna, vasca esterna, 8 corsie per ognuna lunghe 50 metri. A regola d’arte. Cose in grande, of course. E chissà, forse sarà perché il boss Lo Piccolo è ormai da un pezzo ospite delle patrie galere ma tanti metri cubi d’acqua, per i palermitani onesti, rimangono soltanto un sogno. Anzi, un incubo. Ché l’elenco di chi considera la piscina cosa sua non si esaurisce col sindaco e il boss ed entrare in vasca è impresa ardua.

Ci sono le tante società private (scuola nuoto, gare e competizioni varie per bambini, adulti, vecchi, invalidi, gravide etc etc), che fanno il bello e il cattivo tempo. Decidono spazi, corsie e orari, spalleggiati dall’assessore allo sport Alessandro Anello, un rampante berluscones che abilmente sottovaluta il concetto di “impianto pubblico” e smania per affidarlo a un privato. E se ancora ci s’interroga su chi, materialmente, pagasse il “pizzo” al boss Lo Piccolo, una cosa è certa: di soldi in piscina ne girano parecchi. Solo dalle società private più di un milione di euro l’anno. Incredibilmente senza passare dalla tesoreria comunale.

Poi (non) ci sono i bagnini – la pianta organica della piscina è né più né come una fisarmonica, che rilascia suoni scanzonati sotto elezioni e motivi sempre più tristi negli altri periodi che ancora la vita ci lascia liberi ed è composta da circa centocinquanta persone (solamente 5/6 si prodigano all’ingresso per staccare, minuziosamente, il biglietto) – che il Comune ha pescato fra gli Lsu (lavoratori socialmente utili) promettendo loro mari e monti e lasciandoli a bagnomaria con un tozzo di pane. Bagnini che, come sta scritto nel “disciplinare d’utilizzo”, dovrebbero essere di supporto a quelli comunali, che però non esistono. L’ultimo (unico) è andato in pensione tre anni fa. Allora un giorno sì e uno no questi pseudo bagnini (manco a dirlo ognuno col secondo terzo e quarto lavoro…) s’assentano, minacciano, scioperano; e la piscina, naturalmente, resta chiusa.

E se fino a qualche tempo fa il nuotatore palermitano volenteroso riusciva a fruire del prezioso impianto tacendo obbedendo e pagando un vero e proprio “pizzo” alle società private che in virtù di propri tuttofare /istruttori/bagnini (!?) e sulla falsariga della Bassanini con fantomatiche autocertificazioni disposte dal Comune garantivano l’accesso ai propri iscritti, dall’estate di grazia del 2009 non si cava più un ragno dal buco. Per nessuno. La Piscina Comunale di Palermo infatti ha chiuso i battenti il 13 luglio scorso. Per tutti. Pubblico o privato. Sindaco o Boss.

E’ la Palermo “pizzo free”.

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