E’opportuno che nella cancelleria di una Procura della Repubblica continui a lavorare (con ruoli di rilievo) la moglie di un condannato per mafia? Certamente no. Eppure in Italia può accadere anche questo. Per l’esattezza accade a Crotone e il fatto è stato denunciato da Angela Napoli, parlamentare calabrese (Pdl) dall’antica militanza contro Cosa Nostra e componente della Commissione Antimafia, con un’interrogazione parlamentare rivolta, il 14 luglio, al Ministro della Giustizia Angelino Alfano (l’ultima di una serie di atti parlamentari finora rimasti senza esito). L’onorevole Napoli racconta una storia che ha dell’incredibile. Protagonisti Raffaele Vrenna, un imprenditore che si occupa di gestione rifiuti, già vicepresidente di Confindustria Calabria ed ex Presidente del Crotone calcio, condannato un anno fa, in primo grado, per concorso esterno in associazione mafiosa e la moglie Patrizia Comito, che lavora presso la cancelleria della Procura della Repubblica di Crotone. “In questi giorni – scrive l’onorevole Napoli nella sua interrogazione – sono state pubblicate sul “Quotidiano della Calabria”, le deposizioni di tre collaboratori di giustizia, nelle quali vengono rivolte pesanti accuse a Vrenna. Il collaboratore Luigi Bonaventura afferma: “Lui (Raffaele Vrenna) diceva che aveva amici potenti nei palazzi. Poi da altre voci si parlava del suo modo di trarre informazioni tramite la moglie che si occupava in reparti del Tribunale”.

Nonostante tutto, la moglie di Vrenna continua ad occuparsi di misure di prevenzione e protocollo informatico nel suo ufficio in Tribunale e Angela Napoli ha quindi chiesto ad Alfano di avviare contro di lei una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale. Ma non è finita qui. Per molti anni, infatti, come ricorda la parlamentare calabrese, Patrizia Comito, a cui il marito, dopo la condanna, ha ceduto una parte delle quote delle sue società, è stata la segretaria dell’ex Procuratore della Repubblica di Crotone Franco Tricoli, fino al giorno del suo pensionamento, avvenuto il 16 agosto 2008. E che fine ha fatto adesso Tricoli? Sorpresa: pochi giorni dopo aver lasciato la Procura è diventato il Presidente del trust “che il gruppo Vrenna ha realizzato per sottrarsi alle conseguenze insite nella condanna a quattro anni per concorso esterno in associazione mafiosa di Raffaele Vrenna”, come sottolinea Angela Napoli. Tricoli, in altre parole, è diventato il garante di un’azienda contro la quale il suo stesso ufficio aveva avviato il procedimento, denominato Puma, che ha portato alla condanna di Vrenna. E infatti ha dovuto faticare non poco per ottenere la certificazione antimafia, rilasciata dal Consiglio di Stato dopo vari ricorsi. Il procedimento Puma nasce da un’inchiesta condotta dal Pm Pier Paolo Bruni, magistrato minacciato di morte dalla ‘ndrangheta e al quale non è stata recentemente rinnovata l’applicazione alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, per il veto del Procuratore generale Dolcino Favi, ( lo stesso che gli aveva affidato l’inchiesta Why not tolta al pm Luigi De Magistris). Intanto Bruni continua a macinare inchieste scottanti nella sua stanza alla Procura di Crotone. Il fatto che si tratti dello stesso ufficio dove lavora la cancelliera Comito è una ragione di più perché il Ministro Alfano riesca a trovare un po’di tempo per rispondere all’interrogazione di Angela Napoli e risolvere questa faccenda alquanto sgradevole.

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