Ischia, una domanda scomoda: siamo un popolo di idioti?

25 Agosto 2017

Noi italiani siamo un popolo di idioti? Con tutto il rispetto che si deve all’immenso dolore di chi a Ischia conta i morti e i feriti, questa domanda oggi ce la dobbiamo porre con scomoda franchezza. Certo, molto di quanto accaduto dipende dalla politica. Decenni di mancati controlli, di condoni, di demolizioni non eseguite (600 solo nell’isola), hanno finito per creare nei cittadini la convinzione che tutto fosse permesso. Che per ogni irregolarità o abuso ci fosse un rimedio. Solo che Ischia, come tante altre zone d’Italia, non è un posto normale. È un luogo bellissimo, ma a elevato rischio sismico e idrogeologico. La gente del posto lo sa. Nelle scuole dell’isola i bimbi studiano che il terremoto del 1883 uccise più di 2000 persone e in Campania quando si vuole dire che sta per scoppiare un putiferio si usa ancora la frase “qui succede Casamicciola”, evocando il nome del paese in quel frangente più colpito. Ecco allora perché è giusto chiedersi quanta idiozia scorra nelle nostre vene. Indipendentemente dalle leggi, dai politici, dal rispetto delle regole e dell’ambiente.

Guardiamo i fatti, partendo da un esempio tra i tanti. Qualsiasi abitazione con piani costruiti in cemento armato sopra i piani originali in muratura in caso di terremoto, anche lieve, si ripiega su se stessa. Chiunque in questi anni abbia seguito un qualsiasi programma televisivo ne è a conoscenza. Eppure, come Ischia insegna, le proteste e le manifestazioni degli abusivi avvengono sempre per chiedere il condono. Non per pretendere aiuti e agevolazioni che permettano di adottare altre soluzioni. Chi occupa una prima casa abusiva scende in piazza solo per domandare di restarci. Non per ottenerne una nuova finalmente sicura o per condizionare la propria permanenza a lavori edilizi che riducano i rischi.

Nel 2010, il Comitato per il diritto alla casa di Ischia e Procida, un’organizzazione con migliaia di aderenti, in un volantino invitava i cittadini a annullare le schede elettorali con la scritta “voto abusivo”. Protestava contro i partiti di qualsiasi colore tutti egualmente “responsabili dell’abusivismo edilizio e dei conseguenti abbattimenti delle prime case di necessità”. Nessun accenno invece a richieste d’interventi pubblici in favore di chi l’abitazione a rischio l’aveva semplicemente ereditata o non ne aveva un’altra dove andare. Risultato: oggi si piangono i morti, si curano i feriti, si polemizza sul nulla e soprattutto si attende il prossimo disastro. Nessuno sa quando accadrà. Ma tutti sanno che accadrà. Anche coloro i quali abitano zone a inedificabilità assoluta ai piedi del Vesuvio, un vulcano che prima o poi riprenderà a eruttare.

Per questo oggi è il caso di riflettere su noi italiani e sulla nostra idiozia. Sui grandi pericoli che facciamo correre ai nostri figli. Possibile che in un Paese in cui la politica del condono edilizio (dichiarato o più spesso mascherato dall’inazione delle autorità locali) è da sempre merce elettorale, i cittadini non riescano a proporre ai candidati uno scambio diverso? Possibile che i comitati e le associazioni degli abusivi, ma pure i loro amici e parenti, non possano offrire il loro consenso solo a chi propone soluzioni alternative alla semplice sanatoria? Perché lamentarsi e protestare è giusto. Ma di fronte alla morte non essere degli idioti è un dovere. La tragedia di Ischia sta lì a raccontarcelo. E d’ora in poi chi farà finta di non saperlo non potrà dirsi innocente.

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