i perché dell’assoluzione

“Foto Canalis-Clooney rubate da altri, non da Lucarelli & C.”

Tribunale di Milano - I tre imputati assolti perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso, a prescindere dalla regolarità delle querele

10 Ottobre 2017

Il Tribunale di Milano ha depositato le motivazioni della sentenza con cui tre mesi fa ha assolto il blogger Gianluca Neri (fondatore di Macchianera), Guia Soncini (collaboratrice di Repubblica) e Selvaggia Lucarelli (da due anni firma del Fatto Quotidiano), accusati di avere “rubato” nel 2010 foto ed email alle showgirl Elisabetta Canalis, Mara Venier, Federica Fontana e al marito di quest’ultima, Felice Rusconi, con presunti hackeraggi nella loro posta elettronica. L’inchiesta era partita sette anni fa dalla denuncia di Rusconi sulla circolazione di 191 foto da lui scattate a Villa Oleandra, residenza sul lago di Como dell’attore George Clooney, al ricevimento per il 32° compleanno della sua fidanzata Elisabetta e poi inviate via email dall’autore ad alcune partecipanti alla festa. Immagini innocue: gente in abito da sera, brindisi, candeline spente sulla torta. Ma, secondo l’accusa, carpite illegalmente e poi offerte al settimanale Chi in cambio di denaro, in violazione della privacy. Il giudice monocratico Stefano Corbetta, in 99 pagine, spiega nel dettaglio perché tutte le accuse della Procura erano completamente infondate. Anche nella parte in cui l’assoluzione pareva dipendere da un fatto puramente tecnico: la mancanza di querela dalla vera persona offesa (anziché la Fontana, titolare dell’account violato, l’aveva sporta il marito Rusconi).

La sentenza non meriterebbe grande attenzione, se non fosse che la Lucarelli è stata linciata da alcuni giornali anche dopo l’assoluzione (come una colpevole rimasta impunita per assenza di querela) e qualcuno – come Renato Brunetta a Otto e mezzo – continua a polemizzare con il Fatto che pubblicava i suoi articoli anche quando era imputata. Ecco dunque i fatti ricostruiti dal giudice. Neri trova le foto della festa della Canalis (e un paio di email della Venier) sul sito 4chan.org che raccoglie materiali hackerati da altri (una specie di Wikileaks del gossip) e le gira alla Lucarelli per spettegolarci un po’ sopra; la Lucarelli le mostra al giornalista di Chi Gabriele Parpiglia; il direttore Alfonso Signorini, ingolosito dallo scoop sulla dimora top secret di Clooney, rinuncia poi a pubblicarlo per questioni di privacy. Dunque gli hacker non sono Neri, Soncini e Lucarelli. E Selvaggia non chiede soldi per le foto, anche perché sa bene che – essendo scattate in una dimora privata – sono coperte da privacy. Lo scrive lei stessa in una email a Neri: “Quello che mi salva è che non ho chiesto soldi, altrimenti facevo una figura di merda!”. E lo confermerà Signorini al processo: “Mai ricevuto richieste di denaro dalla Lucarelli”. Ma soprattutto non è la Lucarelli la fonte di Chi: Parpiglia possedeva quelle foto ben prima che gliele mostrasse Selvaggia. È il colpo di scena che emerge dal processo quando gli avvocati Isabella Corlaita e Caterina Malavenda chiedono al giudice un’analisi tecnica della pen drive di Parpiglia. E lì, dopo quattro anni di indagini, si scopre che “Parpiglia era già in possesso delle foto salvate sulla propria chiavetta usb il 4 ottobre 2010, prima dell’incontro con Lucarelli”, avvenuto il 6 ottobre. Di qui – scrive il giudice – “il dubbio più che ragionevole (che non può essere sciolto) che le foto oggetto della trattativa con Chi non fossero neppure quelle che si era procurato Neri e poi inviate a Lucarelli”. E chi aveva passato al giornalista le foto della festa? Potrebbe essere la soubrette Elena Santarelli, che la Canalis aveva invitato al party e aveva ricevuto le foto da Rusconi, visti “i numerosi contatti nel settembre-ottobre 2010 tra Parpiglia e Santarelli”.

Quindi, anche se la querela fosse stata sporta dalla Fontana anziché da Rusconi, gli imputati sarebbero stati assolti lo stesso, perché non hanno fatto nulla: “Non vi è la prova che un qualche dispositivo nella disponibilità di Neri o Lucarelli o Soncini si sia collegato – o abbia tentato di collegarsi – all’account” della Fontana. Dunque niente accesso abusivo a sistema informatico. E niente ricettazione di dati hackerati, perché “la provenienza delle foto non è da ricondurre a Neri-Lucarelli”. Ergo, anche “ove la querela fosse stata correttamente proposta, gli imputati avrebbero dovuto essere assolti per non aver commesso il fatto”. Ci fu, è vero, la violazione della email e dunque della privacy della Canalis: ma non da parte dei tre imputati, bensì dai misteriosi hacker di 4chan.org. Per fortuna Elisabetta non ne ebbe alcun “nocumento”, visto che “dei dati in esame non è stato fatto alcun utilizzo”, per divulgarli o per guadagnarci (“si esclude il ‘fine di profitto’”). Quindi, per questa ipotesi di reato, l’assoluzione è perché “il fatto non sussiste”. Il processo finisce qui, con il classico molto rumore per nulla. Chissà se finirà anche il linciaggio di Selvaggia e del Fatto.

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