Che piacere imparare l’ottimismo sul ‘Foglio’

5 Ottobre 2017

Leggo che l’evento clou delle “Giornate dell’Ottimismo” del Foglio, prossimamente a Firenze, saranno due “dialoghi”: uno con Matteo Renzi e l’altro con Silvio Berlusconi. E subito mi sento Giorgio Gaber che nel Conformista cantava: “Io sono un uomo nuovo e con le donne c’ho un rapporto straordinario, sono femminista sono disponibile e ottimista europeista”.

Cerco di non farmi sentire da Travaglio ma adoro il Foglio e quando non lo trovo in edicola mi costringo a lunghi viaggi della speranza. Come la scorsa estate quando dopo affannate ricerche il gestore di un’edicola dell’Argentario, impietosito, tirò fuori dal cassetto la copia superstite e porgendomela come una particola mormorò: l’avevo tenuta per la mia famiglia ma gliela dono volentieri. Ah, quei titoli sempre così pervasi di imperativi categorici. Come le care insegne delle scuole per corrispondenza: Volere è Potere.

Viviamo tempi confusi e sovente c’interroghiamo smarriti sull’origine dell’universo, finché lo sguardo cade sul breviario quotidiano dell’ottimista dove la liturgia della parola illumina, incita e dà sostegno. Avidamente leggo: “Mettete l’Europa nel simbolo del Pd”, e dopo tanto tempo mi pervade il dolce sprone del monito materno: “Prima di uscire ricordati di chiudere il gas”. Oppure: “Lascia la chiave sotto il vaso dei gerani”. Mentre sorseggio riconoscente il cappuccino è come se lo sentissi il direttore Claudio Cerasa ammonire brusco: mettete l’Europa in quel cazzo di simbolo e non lo voglio più ripetere.

Diciamolo, l’orgia di relativismo etico ha finito per cancellare la distinzione tra bene e male. Dov’è più il magistero che indica la via? Eccolo: “Rinviare la ratifica del Ceta è un cedimento al sovranismo”. È un po’ come il catechismo fai da te. Troppo comodo. Bisogna scegliere: o con il Ceta o con il sovranismo, e basta fare i furbi.

Io lo so che nella sala macchine del Foglio le menti sfrigolano per disincagliarci dal dubbio. Per esempio: “Dal Guardian a Donald Trump la crisi è internazionale. Non a caso”. Insomma, è così chiaro? E se vi perdete perfino in bagno non è colpa nostra.

Come tralasciare infine l’irrinunciabile bussola, il mio est e il mio ovest, quando “risponde il Professore Sabino Cassese”. Non c’è anfratto dell’umano scibile da cui la sapienza del dotto non tragga nutrimento per lo spirito. Sempre con la garbata nostalgia del bel tempo andato, quando i pm non si occupavano di Consip e Di Maio faceva lo steward allo stadio San Paolo. Lui ha una risposta per tutti, come nella prima tv in bianco e nero un altro professore, il mitico Alessandro Cutolo spiegava l’origine del motore a scoppio e l’arte di non fare impazzire la maionese.

Dunque sarò a Firenze, confuso tra la folla, per comprendere “Come sta il mondo”. Per convenire sul “Declinismo no grazie. Contro la repubblica degli incompetenti”, introdotto (non a caso) dal sindaco Nardella. Per declinare l’ottimismo della voluttà. I superuragani conseguenza del cambiamento climatico? Balle. Le trentamila persone sparate ogni anno in Usa? Due terzi sono “suicidi non assistiti”, le armi non hanno colpa. Cresce la disoccupazione? “Fate più figli”. Cresce l’astensionismo? “Evviva la legge truffa”, e vai col tango.

Sarò a Palazzo Vecchio per intonare il nostro inno ufficiale: “Va tutto ben madama la marchesa, morì il cavallo e s’incendiò la scuderia, a parte ciò tutto va ben”. In attesa di Renzi e Berlusconi che spezzeranno il pane dell’avvenire (il loro). Sì, finalmente sarò un uomo nuovo, e ottimista, europeista, e femminista.

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