Viktor Orban risponde alle accuse di boicottare il sesto pacchetto di sanzioni Ue sul petrolio russo e ‘rivendica’ Fiume. Così fa arrabbiare la Croazia che decide di inviare una nota all’Ungheria spiegando di aver interpretato le parole del premier di Budapest come pretese territoriali verso la costa croata.

Tutto nasce da un’intervista rilasciata dal leader di Fidesz che, sotto pressione per aver annunciato il veto sulla “linea rossa” del bando al petrolio russo che non permetterebbe a Bruxelles di presentare un nuovo, pesante pacchetto di sanzioni contro Mosca, ha affermato che “i Paesi che hanno uno sbocco sul mare possono facilmente importare il petrolio”, a differenza degli altri, come l’Ungheria, che sono strettamente dipendenti dall’afflusso proveniente dai gasdotti che la collegano alla Russia di Vladimir Putin.

Fin qui niente di strano, se non fosse per il finale di dichiarazione del primo ministro: “Se all’Ungheria non fosse stato tolto lo sbocco al mare anche noi oggi avremmo un porto”, ha detto alludendo al fatto che Fiume (Rijeka), parte dell’Ungheria fino al 1918, fu dopo la Prima guerra mondiale assegnata prima all’Italia e poi alla Croazia. Parole che alle orecchie di Zagabria sono suonate come una rivendicazione territoriale. Tanto che nella nota consegnata all’ambasciatore ungherese a Zagabria, il ministero degli Esteri croato “ha chiesto spiegazioni”, sostenendo che “l’integrità del territorio croato è indiscutibile e che non sono accettabili pretese territoriali, neanche quelle espresse in senso retorico”.

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