Il tribunale di Torino ha condannato a 4 anni di reclusione l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny in uno dei diversi filoni del processo Eternit bis. L’accusa era di omicidio colposo in relazione al decesso di due ex lavoratori di Cavagnolo (Torino), dove la multinazionale dell’amianto aveva una filiale. La sentenza è del giudice Cristiano Trevisan. Schmidheiny dovrà versare un risarcimento di 15 mila euro alle parti civili, tra cui la Regione Piemonte, sindacati e varie associazioni. La sentenza, secondo il pubblico ministero Gianfranco Colace, è il “primo tassello” del processo Eternit bis, che segna “il ritorno a una giurisprudenza più attenta alle vittime”.

Il processo per le responsabilità delle morti legate all’amianto è stato diviso in diversi filoni giudiziari per ragioni di competenza territoriale. Quello sui molti decessi di Casale Monferrato, dove c’era la fabbrica Eternit, è finito a Vercelli, quello per i morti di Rubiera è andato a Reggio Emilia, e infine il processo per gli otto decessi di Bagnoli si è aperto a Napoli. A Torino, il procedimento riguardava solo i due casi della sentenza di oggi. Il pm Colace ha ribadito che nel processo di Vercelli, dove le indagini sono appena terminate, si procederà per omicidio volontario nei confronti di Schmidheiny.

I fatti “storici” al centro dei vari filoni sono gli stessi del processo chiuso in Cassazione il 20 novembre 2014, che aveva causato un’esplosione di polemiche dopo che la Corte aveva assolto Schmidheiny per prescizione. La decisione odierna del giudice di Torino, secondo il difensore dell’imprenditore, Astolfo di Amato, “va contro ultimi orientamenti giurisprudenziali in materia di morti da amianto”. “Leggeremo le motivazioni e faremo appello”, ha concluso.

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