Marco Minniti non si fida. Nonostante l’incontro con Luca Lotti e Lorenzo Guerini che gli hanno confermato la fiducia dei renziani, l’ex ministro dell’Interno è a un passo dall’abbandonare la corsa per la segreteria del Partito Democratico. In serata fonti parlamentari del Pd hanno riferito all’agenzia Ansa che Minniti sarebbe orientato a ritirare la propria candidatura “al fine di agevolare il percorso congressuale del pd e con l’unico intento di favorire l’elezione di un segretario autorevole”. Ma le cronache politiche degli ultimi giorni lasciano intravedere ben altro.

Dopo aver annunciato di correre “da autonomo” ma appoggiato dall’area renziana, Minniti negli ultimi giorni aveva maturato dei dubbi. Sullo sfondo c’é il fattore Matteo Renzi. L’ex capo del Viminale non sarebbe contento dello scarso impegno del senatore per la sua sfida: anche oggi Renzi, a Bruxelles per tessere la tela delle Europee e di un’alleanza progressista, ha ripetuto che non si occupa di congresso.

Non solo. L’ex premier ha prima provato a commissariarlo provando a imporgli il fedelissimo Lotti come coordinatore della campagna e chiedendo per i suoi il 70% dei posti in lista, quindi non ha fatto mistero di aver cominciato a lavorare alla sua possibile uscita dal partito. Un’atmosfera che non può lasciare tranquillo l’ex capo del Viminale, che punto secondo altre fonti renziane avrebbe chiesto ai parlamentari della corrente la garanzia scritta che non lasceranno il Pd se Renzi dovesse fare la scissione. Una richiesta che è stata giudicata irricevibile e che ha aumentato l’incertezza nel partito con una candidatura quasi sfumata

E qui si innesta il secondo segnale anomalo della giornata, dopo quello della falsa notizia sul ritiro di Minniti. Un profilo Fb Libdem con la foto di Renzi per un fantomatico Movimento liberale democratico europeista, legato a un’altra pagina, Open Democrats, che richiama il nome della fondazione renziana. “Iniziativa personale di un sostenitore di Matteo”, fa sapere l’entourage di Renzi. Ma la spinta per un soggetto politico autonomo non é una novità nell’area dell’ex premier. Proprio ciò che teme in fondo Minniti, a maggior ragione se divenisse segretario.

Con il passo indietro di Minniti per i renziani si pone la questione di come affrontare il Congresso. L’orientamento sarebbe quello di avere un candidato alle primarie e in pole c’è il nome di Lorenzo Guerini, che però in serata smentiva: “Non sono candidato a nulla”. In alternativa, potrebbe essere della partita Ettore Rosato. In forte calo, invece, le quotazioni di Teresa Bellanova.

Tra smentite e rassicurazioni il più sincero é il deputato Pd Stefano Ceccanti, renziano di ferro. “Speriamo che Minniti resti candidato; per chi ha fatto un percorso di cultura riformista è l’unico candidato votabile – dice – se si ritirasse sarebbe un vero peccato, significherebbe non che si smobilita ma che si cerca un altro candidato con profilo ugualmente chiaro, anche se dovesse avere meno chance”. “Minniti decida oggi”, è il quasi ultimatum della mattina dell’altro renziano Antonello Giacomelli.

I veleni oscurano la proposta di Martina e Richetti, che lanciano l’idea di consultare gli iscritti in modo vincolante su decisioni chiave come la fiducia a un nuovo governo e la formazione di un esecutivo ombra successiva alla scelta del segretario. “Basta divisioni”, ripete Martina. “Ritroviamo l’orgoglio dell’appartenenza al partito”, dice l’altro candidato Francesco Boccia, che ironizza: “Fidarsi di Renzi? Un ossimoro”. Il favorito nei sondaggi Nicola Zingaretti avverte: “Spero che qualcuno non abbia deciso di distruggere il Pd e stia giocando a un gioco macabro. Non dobbiamo permetterlo. Basta con questo gioco al massacro. Non é il momento di picconare e dividere”.

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