Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in libertà e diritti, recita l’articolo 1 della dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo. Nascono forse liberi e uguali, ma di certo da liberi e uguali non vivono.

La storia di Adan, il ragazzo di 13 anni di origine curda affetto da distrofia muscolare, lasciato morire a Bolzano perché “fuori dal sistema di accoglienza”, mette a nudo la disumana visione di un modo di pensare e agire che prende forma quando al posto di PERSONA si sostituisce quello di “migrante non assegnato” dal Ministero dell’Interno. Dove una circolare prende il posto dei Trattati internazionali in violazione delle più elementari regole e gerarchie normative.

Un ragazzo di 13 anni con dolori in tutto il corpo deve essere portato e curato in un ospedale e non in questura. Fare altrimenti è un atto criminale che genera morte.

Adan invece è lasciato a dormire sul pavimento della vita, incapace in scale e scalate sociali. Peggiora e muore. Non passa in primo piano il suo dolore amplificato dalle tante associazioni che hanno lottato per salvare la sua vita. Anche loro impotenti e costrette a sbattere contro i mattoni nel muro di circolari criminali che con la scusa di tutelare la parte “ricca e residente” della popolazione rendono giorno dopo giorno un inferno per tutti un luogo dove l’umanità e l’empatia (utili a condividere le emozioni e il dolore di un altro essere umano) scompaiono e non resta più nulla. Come si vive oggi a Bolzano, meglio?

Non è un luogo sicuro per nessuno, un luogo in cui non si è capaci di accogliere e curare un ragazzo di 13 anni che piange per il dolore che sente. Non è una questione di appartenenza politica o visione del mondo. Qui si tratta di altro. Si tratta di essere o meno consapevoli di appartenere a una stessa famiglia umana. Quando si dimentica questo, si possono trovare tante parole ma ne basterebbe solo una: patologia. È un luogo malato e criminale quello in cui nessuno sente il dolore degli altri. È una malattia irreversibile consolarsi pensando di appartenere a un gruppo umano superiore che ha perso il senso sé che si nutre del rimando che ci arriva dagli altri. Da TUTTI gli altri.

Un luogo in cui i criminali hanno la meglio è quello dove non si considerano leggi e convenzioni internazionali dell’Onu che recitano a gran voce che “il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita”. Una regola che vale per ogni bambino e ragazzo qualunque sia il colore della sua pelle e la sua provenienza geografica. Ci piaccia o meno è così. È così e bisogna aggiungere la “proibizione di ogni discriminazione motivata dall’origine nazionale, etnica o sociale del minore; e la preminenza in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, sia dei Tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, dell’INTERESSE SUPERIORE DEL FANCIULLO”.

Adan era una PERSONA e un minorenne ammalato di distrofia muscolare. Ma la malattia in certe situazioni non è, evidentemente, una condizione sufficiente per mettere in secondo piano il colore della pelle e tutto il resto con l’obiettivo di salvare una vita.

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Adan rifugiato malato di distrofia, ucciso dalle regole. “Legge applicata male, bastava guardare le sue condizioni”

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