Respinge ogni responsabilità sulle crisi bancarie nonostante i tre anni trascorsi a Palazzo Chigi. Rivendica per sé il ruolo di nemico di chi su quelle crisi non avrebbe vigilato abbastanza, ma lascia nelle mani di Paolo Gentiloni la patata bollente della responsabilità parlamentare. Nel day after della mozione presentata dal Pd contro il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, Matteo Renzi non arretra di un millimetro. Nonostante il documento dei dem per decapitare via Nazionale abbia sollecitato interventi contrari praticamente da ogni parte. Se ieri Sergio Mattarella aveva fatto filtrare il suo malumore, oggi è Giorgio Napolitano a storcere il naso. L’ex presidente della Repubblica Napolitano, nello stesso giorno in cui Walter Veltroni ha definito “incomprensibile e ingiustificabile” la mozione depositata dal Pd, ha fatto sapere che lui “non deve occuparsi delle troppe cose che ogni giorno capitano e che sono deplorevoli“.

Visco, dal canto suo, cerca sponde: nel pomeriggio si è presentato a una conferenza in ricordo di Federico Caffé a cui partecipava il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che si è alzato per stringergli la mano. Poi è stato a colloquio per un’ora con il presidente della commissione d’inchiesta sulle banche Pier Ferdinando Casini e i vicepresidenti Renato Brunetta (FI) e Mauro Maria Marino (Pd), ufficialmente per “fornire alla Commissione l’elenco dei documenti richiesti che saranno messi a disposizione non appena ultimata la classificazione di segretezza in corso da parte degli uffici della Banca d’Italia”. Elenco che evidentemente avrebbe potuto essere inviato attraverso altri canali. “Comportamenti non solo irrituali, ma istituzionalmente gravissimi”, secondo i portavoce Cinquestelle membri dell’organismo bicamerale.

“Intervenuti per rimediare a disastri di altri” – Poco dopo Renzi ha confermato implicitamente l’accusa sollevata da più parti: quell’atto parlamentare non è nient’altro che una manovra elettorale. In questo modo, da qui alle elezioni, potrà replicare a qualsiasi critica sul fronte delle crisi bancarie con una rivendicazione: lui Visco voleva mandarlo a casa, ma Sergio Mattarella ha detto di no. “Il Pd ed io non abbiamo niente da nascondere sul tema della banche: a noi è toccato intervenire per rimediare ai disastri che hanno fatto altri. Perciò non abbiamo nessun problema, e non litighiamo con nessuno”, ha sostenuto infatti durante una visita a Recanati, dopo 24 ore di polemiche. 

E ancora: “C’è una discussione in queste ore sul futuro di Banca d’Italia: non ci riguarda, non tocca a noi, non tocca al Pd fare il nome del prossimo governatore perché lo decideranno le autorità preposte. Certo è che se qualcuno vuole raccontare agli italiani che in questi anni nel settore delle banche non è successo niente, quel qualcuno non sarò certo io”, ha aggiunto il segretario seguendo una logica semplicissima: separare i destini del Pd dal passato, ma anche dal presente e dal futuro di via Nazionale. All’orizzonte c’è una campagna elettorale e Renzi prova a giocarsela reinventandosi acerrimo nemico di chi non ha difeso i risparmiatori.

Renzi: “Etruria? Con tutto quello che è successo con le venete e in Puglia…”

“È mancata evidentemente una vigilanza efficace, come oggi il procuratore Greco ha spiegato in Commissione di inchiesta. Ci sono stati dei manager, e ne sanno qualcosa anche nelle Marche che hanno preso dei soldi e non hanno lavorato con la professionalità con la quale avrebbero dovuto farlo. Ci sono persone che hanno visto venir meno i loro crediti e hanno sofferto la crisi delle banche”, sentenzia Renzi. E Banca Etruria, “risolta” dal suo governo nel novembre 2015 e di cui è stato vicepresidente Pier Luigi Boschi con annesse ombre su ipotetici conflitti d’interesse della fidata Maria Elena Boschi?  “Davvero c’è qualcuno che pensa che il problema delle banche è banca Etruria?”, è la domanda retorica di Renzi. “Con tutto quello che è successo con le banche Venete, Banca 121 e Mps?”. Ennesimo riferimento alla banca del Salento i cui vertici erano vicini a Massimo D’Alema e che nel 1999 fu acquisita dal Monte pagandola ben più del suo valore.

“Contrarietà del governo alla mozione? Nessuno scontro con Gentiloni” – Insomma, mentre da più parti piovono critiche, l’ex premier gioca il ruolo del pokerista consumato: alza la posta in gioco e prova a farsi scudo trascinando nella mischia il finora silente Gentiloni. Il presidente del consiglio, infatti, ha finora seguito Mattarella che da due anni cerca di fermare la tentazione di Renzi di scaricare su Visco le colpe della crisi bancaria. La mozione presentata a sorpresa ieri, però, ha cambiato le carte in tavola. Palazzo Chigi non è riuscito ad opporsi alla mozione che adesso il Nazareno scarica totalmente sulle spalle dell’esecutivo. “Confesso – dice Renzi – che faccio un po’ di fatica a capire le ragioni leali di questo scontro. Ieri il Pd ha votato una mozione in Parlamento che riguarda Bankitalia, che ha avuto la riformulazione del Governo. La nostra mozione di ieri spiega con forza che c’è bisogno di scrivere una pagina nuova. Una mozione che ha avuto la riformulazione del governo. Il Governo ha chiesto di cambiare e il Pd ha cambiato: non c’è nessuno scontro“. 

Calenda: “Non commento per carità di patria” -Adesso toccherà a Gentiloni capire come gestire la questione: seguire i diktat del segretario? O riallinearsi ai voleri del Quirinale? Dall’esecutivo nessuno fino ad ora si è espresso sulla vicenda, se si esclude il ministro Carlo Calenda, che in Transatlantico ha allargato le braccia: “Non commento per carità di patria…”. Per il resto sono i renziani e i similrenziani a replicare in ordine sparso. A Ettore Rosato tocca il compito di rispondere al padre fondatore del Pd. “Alle critiche di Veltroni sulla mozione Pd guardo sempre con rispetto”, dice il capogruppo dem, che poi veste i panni del conciliatore. “Noi non vogliamo la testa di nessuno, siamo gli unici che hanno difeso il diritto e dovere del premier a individuare il prossimo governatore, anche chi ieri ci accusava si è astenuto sulla mozione che entrava a gamba tesa nelle procedure. Ma non ci potevamo sottrarre dal dare un giudizio e non da ieri ma in parecchie occasioni abbiamo detto che il sistema di controllo non ha sempre funzionato al meglio e questo è percepito da tanti risparmiatori”.

Orfini fa appello alla commissione d’inchiesta sulle banche, affidata dal Pd a Casini, lo stesso che riteneva l’istituzione di un organo simile “demagogia e “rischiosa propaganda”. “La ricerca della verità non deve spaventare nessuno. C’è una commissione di inchiesta che servirà anche per acclarare questo, la verità non deve spaventare nessuno”, ha spiegato, sottolineando di aver “condiviso la mozione, l’abbiamo limata insieme con il governo. Alcune reazioni che ci sono state oggi mi hanno onestamente sorpreso. Per i credenti il Papa è infallibile ex catedra fra io nemmeno sono credente quindi questa infallibilità mi lascia sorpreso”.

 

Eppure nonostante Orfini del Pd sia presidente non pare incarnare tutte le opinioni che circolano al Nazareno sulla mozione anti Visco. Il deputato orlandiano Marco Miccoli, per esempio, non si limita a lamentarsi in Transatlantico ma esplicita il suo dissenso direttamente sui social network. “Ieri alla Camera su Bankitalia abbiamo votato una schifezza. La responsabilità, non è solo di chi ha proposto la mozione, ma anche la mia, poichè non avendola letta, mi sono fidato dell’ indicazione data dal Partito. Chiedo scusa a tutti”, scrive su facebook il parlamentare. Parole che sono addirittura più dure di quelle usate da un deputato dell’oppozione come Arturo Scotto. “La credibilità di un Paese all’estero si misura anche sulla saldezza delle sue istituzioni finanziarie, che devono essere tutelate da Governo e Parlamento. Sfiduciare il governatore Bankitalia è un atto inedito e persino pericoloso, che rischia di determinare enorme sfiducia. Poi non venite a farci appello sulla necessità di arginare i populismi perché il populismo si alimenta con queste scelte”, dice il bersaniano. Silvio Berlusconi, invece, ha un’opinione meno elaborata: per lui Renzi vuol far fuori Visco per installare un suo fedelissimo sulla poltrona più alta di via Nazionale: “È proprio della sinistra voler occupare tutti i posti dopo l’elezione. Ora fanno passi avanti e vogliono occuparli anche prima”. Aver governato dieci anni senza aver mai eletto un presidente della Repubblica lascia i suoi spettri anche dalle parti di Arcore.

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