“Mi fa un certo effetto parlare qui, al Senato, a poche decine di metri da dove è stata vista l’ultima volta Emanuela, quando lei fu avvicinata da uno sconosciuto per un’offerta di lavoro”. Esordisce così Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la ragazza quindicenne scomparsa il 22 giugno 1983, nel suo commosso intervento tenutosi nella sala Nassirya di Palazzo Madama, durante la conferenza stampa indetta dal senatore M5s, Maurizio Santangelo. L’incontro è finalizzato alla presentazione del ddl per l’istituzione di una commissione bicamerale d’inchiesta, su iniziativa dello stesso Santangelo e del M5s: 20 deputati e 20 senatori, dotati degli stessi poteri della magistratura, per disvelare le circostanze della scomparsa di Emanuela.

Alla conferenza, a cui hanno partecipato anche la giornalista Federica Sciarelli e i legali della famiglia Orlandi, Laura Sgrò e Annamaria Bernardini De Pace, Pietro Orlandi denuncia: “In 34 anni non è cambiato nulla, ora la situazione è peggiorata. Il muro si è alzato più di prima. Non sembrano passati 34 anni. Sono stati fitti e pieni di tantissimi depistaggi. E questo la dice lunga. Chi depista lo fa per allontanare la verità. Quindi, evidentemente dietro questa scomparsa c’è qualcosa non va rivelata in alcun modo. Si sono susseguiti tre Papi e non è cambiato assolutamente nulla. Sono convinto che tutti e tre erano e sono a conoscenza di quanto è accaduto“.

E rivela la frase che pronunciò Papa Francesco, quando Pietro, insieme alla madre e alla sorella, incontrarono il pontefice nella parrocchia di Sant’Anna, pochi giorni dopo la sua elezione: “Emanuela sta in cielo”. Pietro Orlandi aggiunge: “Papa Francesco non si aspettava che noi andassimo a trovarlo. Quando ci disse quella frase, gli risposi che non c’era la prova della morte di Emanuela e che era un dovere continuare a cercarla. E lui mi rispose, ripetendo: ‘Emanuela sta in cielo’. Cosa potevo pensare? Un capo di Stato ti dice che tua sorella è morta, quindi sa qualcosa più di te. Da quel giorno ho fatto tantissime richieste per un incontro riservato, per avere una spiegazione di quella frase, ma non c’è stato verso di ottenere nulla, e il muro si è alzato più di prima“.

Orlandi ringrazia Santangelo per l’iniziativa del M5S e sottolinea l’importanza dell’istanza in Vaticano presentata dai legali per aver accesso al dossier interno sulla scomparsa di Emanuela. “Fino a pochi mesi andavo sempre a bussare alle porte del cardinale e del segretario di Stato” – aggiunge Pietro Orlandi – “e come risposta ho ricevuto solo alzate di spalle. L’avvocato Sgrò ora ha presentato un’altra istanza speciale per avere un incontro proprio con il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Noi ora ci aspettiamo solo risposte concrete. Credo che dopo 34 anni sia finito il tempo delle suppliche, delle preghiere, delle implorazioni. Chiediamo verità e giustizia, è un nostro diritto sapere cosa è successo a Emanuela. Ed è bruttissimo aspettare sapendo che ci sono tante persone che sanno quello che è accaduto e continuano a nascondere quello che è avvenuto”.

E fa un altro riferimento al pontefice: “Papa Francesco una volta ha detto: ‘Chi tace è complice’. Io penso che, rispetto all’inizio, i responsabili siano diventati molti di più, perché ci sono tantissime persone che sanno ma che non parlano. Quindi, per me sono complici quanto i veri responsabili della scomparsa di Emanuela. La verità e la giustizia non possono essere considerate una utopia o un sogno, ma dovrebbero essere la normalità, i principi fondamentali di uno Stato che si definisce civile. Tutto questo finora ci è stato negato e non per incapacità, ma per volontà. Una cosa gravissima. In questo Paese a volte manca il senso di giustizia e per questo ringrazio il senatore Santangelo per la sua iniziativa”.

Federica Sciarelli spiega il grande lavoro della redazione di “Chi l’ha visto” (Rai Tre) sulla tragica vicenda di Emanuela Orlandi. Ed esprime una speranza: “Questa commissione d’inchiesta è importante, ma stiamo attenti: io non dimentico quella creata per l’omicidio di Ilaria Alpi. Quella commissione, presieduta da Carlo Taormina, stabilì che si trattò di una vacanza finita male in Somalia. E fummo noi a rintracciare e a intervistare un testimone falso, Gelle, pagato per accusare ingiustamente un innocente. Una cosa vergognosa

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