In Italia il numero di posti vacanti nell’Itc (information and communication technology) arriverà nel 2020 a 135.000 dai 33.000 del 2015, con una crescita del 309% in 5 anni. Emerge della ricerca “Adp 5.0: come la digitalizzazione e l’automazione cambiano il modo di lavorare”, di The European House-Ambrosetti per Adp Italia, ramo italiano della multinazionale Usa quotata al Nasdaq. Sul fronte di robotica e digital transformation, la ricerca evidenzia che l’Italia sia tra i Paesi che usano maggiormente le tecnologie automatizzate nell’industria, con in media 160 robot industriali ogni 10.000 dipendenti nel manifatturiero rispetto ai 150 in Spagna, 127 in Francia.

Ma, se automazione e robotica comportano una serie di vantaggi per i lavoratori, una parte della manodopera è potenzialmente a rischio: si stima infatti che in Italia la percentuale di occupati a rischio automazione sia del 14,9%, 3,2 milioni di persone. D’altra parte però lo studio spiega che l’evoluzione tecnologica non comporterà solo la scomparsa di alcune mansioni, ma ne genererà nuove: per ogni nuovo posto in tecnologia, scienze della vita e ricerca scientifica lo studio stima che saranno generati – tra diretti, indiretti e indotti – altri 2,1 posti di lavoro.

Tra le principali sfide della nuova rivoluzione industriale c’è poi l’age management, che dovrebbe favorire appunto il trasferimento delle competenze tra le diverse generazioni. Se ciò non avvenisse, il rischio è che la domanda di nuovi profili resti insoddisfatta.
Quindi, conclude la ricerca, per cogliere i benefici della rivoluzione 4.0 (e della successiva ‘era 5.0’, caratterizzata da una crescente integrazione tra uomo e macchina) le imprese dovranno seguire cinque linee d’azione: gestione strategica delle risorse umane, diffusione del lavoro smart, creazione di una ambiente di lavoro digital friendly, aggiornamento delle competenze e attrazione di nuovi talenti.

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