Purtroppo non è più possibile fare riflessioni e/o valutazioni critiche che sorgerebbero spontanee nei confronti del M5S e potrebbero essere utili a un “dibattito politico” (per usare un’espressione volutamente fuori moda) su argomenti veri, perché se si è in buona fede si è sempre costretti in via preliminare a mettere insieme i fatti e a togliere di mezzo l’accumulo di falsità che li oscura. Tanto per cominciare, si può partire dal fronte sempre rovente del “disastro Capitale“: alla fine anche “le provocazioni” di Paola Taverna sono diventate constatazioni di elementari verità che possono essere pacificamente condivise. E non era per niente scontato.

Chi non si è posto più o meno esplicitamente il quesito provocatorio che ha lanciato con la nota disinvoltura la senatrice grillina “una domanda ai romani: ma abitavate tutti in Svizzera prima?” e che ha mandato fuori dai gangheri il senatore Pd Stefano Esposito?

Per esempio, quando qualche sera fa nella sua invettiva-monologo, l’attrice Anna Foglietta, ospite di Lilli Gruber, a proposito di Roma-come-Beirut dopo l’arresto di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati e con Virginia Raggi in Campidoglio, senza che né la conduttrice, né Giovanni Floris avvertissero il dovere di riprenderla quando la Foglietta dice, con riferimento alla Raggi e alla sua giunta,”Anche loro sono soggetti, purtroppo, a questa corruzione”.

Un modo quantomeno “creativo” di commentarne il rinvio a giudizio per falso in atto pubblico, a seguito delle dichiarazioni rese dalla Raggi all’Anac in merito alla candidatura di Renato Marra (raccomandato da Raffaele mentre lei era assente), con contestuale richiesta di archiviazione per l’abuso d’ufficio riguardo tutto il pacchetto nomine.

Poi a seguire c’ è stata la progressione degli attacchi concertati di una teoria di ministri, tra cui si è segnalata Beatrice Lorenzin per l’attacco al “declino della capitale”, che segna l’esasperazione dell’ostilità istituzionale già in atto da tempo contro l’amministrazione capitolina. La Roma brutta, sporca e cattiva storpiata dal degrado, dalla droga e soprattutto ammalata di ogni genere di morbo, affetta da patologie di ogni specie e “unica tra le capitali europee ad avere peggiorato gli indicatori di salute negli ultimi anni” (e sarebbe interessante capire in cosa consista la notizia) dovrebbe essere un assillo ancor prima che per il sindaco per il ministro della Salute e per la regione Lazio. Quanto alle percentuali segnalate con grande strepito come evidenze incontrovertibili dello stato rovinoso della Capitale, è emerso che si riferivano agli anni precedenti all’amministrazione Raggi.

E così come è bollata di “provocazione” la Taverna, quando cerca nel suo stile poco british di contestualizzare “il disastro Raggi” gridato a reti e titoli unificati, è stato liquidato con analogo disprezzo l’emendamento al Rosatellum bis del M5S  che osava prevedere una misura di mero buon senso,  pacifica e scontata in qualsiasi paese europeo: l’impossibilità di essere il capo politico di un partito o movimento (e nominare i presunti eletti) per chi è a sua volta incandidabile in forza di una legge vigente. Orrore, sdegno, accuse di bieco “stalinismo” per l’ennesima, odiosa provocazione ad personam concepita contro B. il solito “perseguitato”, probabile  compagno di governo del Pd nella prossima legislatura. Gli stessi “argomenti” condivisi ancora una volta all’unisono da mondo politico e “giornalistico” per affossare la “super-provocazione” di Roberto Fico che in applicazione della normativa in vigore ha proposto di escludere dalla campagna elettorale le trasmissioni di chi come Fazio e Vespa hanno sottoscritto contratti da “artisti” e milionari per non sottostare al tetto previsto per i giornalisti (e per di più si avvalgono, come fa Porta a Porta, di non giornalisti).

Ed è scontato che venga bollata ancora una volta come provocazione e ulteriore riprova di volontà disfattista l’avversione dichiarata dai parlamentari del M5S per la legge elettorale che con le ultime modifiche oltre a negare le preferenze ed il voto disgiunto aumenta le pluricandidature facendo lievitare il plotone dei nominati. Guai a chi osa constatare che “il pacco ai cittadini è fatto”.

I nuovi Re di Roma

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