L’Italia bocciata in materia di corruzione. La valutazione generale delle misure contro questo reato, secondo Transparency, è di 52/100. Poco più che mediocre. Nel nostro paese permangono lacune che contribuiscono al fenomeno della corruzione e in cima alla lista ci sono la mancanza di tutele per chi segnala casi di corruzione (il cosiddetto whistleblower) e l’assenza di una regolamentazione delle attività di lobbying. Il report di Transparency assegna a questi due aspetti rispettivamente un punteggio di 25/100 e 29/100. Tuttavia, se sul whistleblowing qualcosa si sta muovendo con l’approvazione del ddl Businarolo alla Camera e la discussione della proposta già programmata in aula al Senato per questa settimana, sul lobbying una regolamentazione è ancora lontana. Del resto dal rapporto reso pubblico a gennaio il nostro paese, in lieve miglioramento rispetto al passato, si piazzava terzultimo in Europa davanti solo a Grecia e Bulgaria. 

Bisogna lavorare a una legge sulle lobby, una materia su cui c’è stata una quantità di proposte che non hanno finora mai portato neppure ad avviare una discussione – ha detto il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, al convegno organizzato da Transparency –  Lobby, nella nostra cultura – ha aggiunto Cantone – è diventata una parola negativa, invece non è così, ma servono delle regole. Si può provare a spingere, ad accelerare in questo senso e noi, da parte nostra, come Autorità inseriremo delle linee nel prossimo piano nazionale anticorruzione”. “Più volte – ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando – ho segnalato il tema delle lobby. Se non si disciplina il modo in cui la politica si relazione con il privato, si apre una spazio interpretativo anche per la magistratura. Questo tema va affrontato, ma non dal punto di vista governativo: il tema è trasversale“.

In cima alla classifica dei settori in cui legge e pratica funzionano meglio nell’arginare i fenomeni criminali di tipo corruttivo, Transparency segnala il sistema antiriciclaggio (75 punti su 100) e gli obblighi di trasparenza a livello contabile (89/100) grazie soprattutto alla recente reintroduzione del reato di falso in bilancio. Insufficiente il quadro del settore privato (51/100), dovuto soprattutto al gap tra le grandi aziende, più all’avanguardia sui temi della trasparenza e dell’integrità, e le piccole e medie imprese, che non hanno ancora strumenti adeguati.

Anche la società civile e i media, con un punteggio di 42/100 – segnala il report – risultano avere un ruolo abbastanza marginale nel promuovere la lotta alla corruzione. “Nonostante il quadro ancora insufficiente delineato dal nostro report, siamo ottimisti per il futuro – ha dichiarato Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia – iniziamo a riempire il vuoto legislativo sul whistleblowing e sul lobbying e poi concentriamo sforzi e risorse per applicare più efficacemente le tante e buone leggi che abbiamo”. Sono 566 i casi di corruzione in Italia riportati dai media nel 2017 e censiti dalla mappa di Transparency: per 439 casi la indagini sono in corso, 27 hanno visto sentenze di assoluzione, 76 di condanna, 8 di patteggiamento mentre in 10 casi è intervenuta la prescrizione. Da una parte un apparato normativo che con 62 punti su 100 risulta sufficiente, dall’altra l’applicazione pratica e la capacità sanzionatoria e repressiva delle istituzioni che raggiunge un punteggio di 45/100.

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