Dodici ottobre: scoperta dell’America. La data è scolpita nei ricordi di scuola e, sebbene appartenga ad una storia antica più di cinque secoli, la ricordiamo più facilmente di altre perché, come ci hanno insegnato alle elementari, fu un nostro connazionale il protagonista di quest’impresa. Il 12 ottobre viene celebrato da numerosi Paesi del continente americano e, fino a pochi anni fa, l’approccio era quasi dovunque quello tradizionale: il navigatore coraggioso e visionario porta la civiltà in una terra vergine.

Negli Stati Uniti in particolare, il Columbus Day si è arricchito negli anni di un connotato ulteriore: quello di ricorrenza per la comunità italoamericana che, nel celebrare Colombo, celebra anche se stessa, i risultati raggiunti e il contributo intellettuale e sociale all’interno della società statunitense.

Da qualche tempo, però, si è fatto strada un tipo diverso di riflessione storica, a partire da alcuni Stati del Sud America che hanno voluto significativamente ribaltare la prospettiva, celebrando il 12 ottobre come “Día de la resistencia indígena”, ponendo l’accento sui tremendi massacri portati dal colonialismo e denunciando con forza la vecchia ricostruzione eurocentrica e paternalista. Anche negli Usa questa riflessione si è fatta sentire, incontrando reazioni di diverso tipo da parte della nostra comunità.

È per questo che oggi mi sembra ancora più importante e significativa la petizione lanciata al Congresso degli Stati Uniti (ed in particolare agli esponenti di origine italiana) da parte di un gruppo nutrito ed autorevole di intellettuali italoamericani che chiede, senza mezzi termini, l’abolizione del Columbus Day. Secondo gli accademici, l’immagine di Colombo celebrata negli Usa da 200 anni è semplicemente un mito, poco corrispondente alla realtà che vede il navigatore italiano coinvolto in prima persona nell’oppressione dei popoli nativi americani in quanto primo Viceré delle Indie Occidentali. Anche gli aspetti positivi della personalità dell’Ammiraglio (tra cui le frequenti espressioni di simpatia e umanità nei confronti dei “selvaggi”) non possono purtroppo cancellare questa verità storica. Alla delegazione parlamentare italoamericana viene quindi chiesto di confrontarsi con gli omologhi rappresentanti di origine nativo-americana in modo da trovare una nuova chiave di lettura al 12 ottobre.

Più in generale, si chiede di porre l’accento non più su una singola impresa “eroica”, ma sul contributo, spesso ignorato e sminuito, di più di 4 milioni di nostri connazionali che sbarcarono negli States durante il periodo delle migrazioni di massa. Una riflessione intelligente, una richiesta che meriterebbe di essere ascoltata.

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