Non solo inglese. Nelle scuole italiane è boom di lezioni di cinese. Oltre 17.500 ragazzi delle scuole superiori studiano già oggi la lingua di Mao Tse-tung e nei prossimi anni potrebbero essere molti di più visto che il 25 per cento delle scuole che hanno attivato solo corsi extra curriculari in cinese sono intenzionate a renderlo una vera e propria materia di studio. A rivelare questi dati è l’indagine “La nuova via della Cina” presentata stamattina al ministero dell’Istruzione a Roma dalla Fondazione Intercultura in collaborazione con Ipsos nell’ambito del progetto dell’Osservatorio sull’internazionalizzazione delle scuole.

Stiamo parlando di 279 istituti ovvero l’8% delle scuole superiori che ha scelto di scalare la Grande Muraglia. Numeri che fino a qualche anno fa quando s’insegnavano solo l’inglese, il francese, lo spagnolo o il tedesco erano impensabili: da notare che nel 48% dei casi dove i ragazzi imparano il cinese si tratta di materia curriculare.

Non solo: il 41% di questi istituti ha già inserito il cinese tra le materie dell’esame di maturità e il 47% intende farlo nel prossimo futuro. Osservando i dati diffusi scopriamo che è soprattutto nel Nord Italia e nei licei ad essere diffuso questo insegnamento che viene fatto in media in quattro classi per istituto per tre/quattro ore a settimana.

Una scommessa non facile: non sempre si sono trovati docenti qualificati. Non in tutte le scuole è stato semplice dare avvio a questa esperienza ma il 45% dei ragazzi si dichiara soddisfatto e i presidi sono convinti che studiare cinese possa servire a migliorare le prospettive per il futuro di questi ragazzi.

Resta il fatto che oggi il Paese del dragone affascina i nostri giovani: il 46% sa che la conoscenza delle lingue straniere è un elemento necessario per il successo e soddisfazione. Di quest’ultimi il 10% riconosce alla lingua cinese un ruolo fondamentale dopo l’inglese, addirittura prima dello spagnolo e del tedesco. Se chiedi un’opinione sulla Cina la maggioranza dei giovani risponde che è inquinata, tradizionalista e comunista, ma rispetto a 11 anni fa l’immagine della Repubblica Popolare è cambiata: oggi il 70% (+11 punti in percentuale rispetto al 2006) dice che è più potente e dinamica, più competitiva anche se resta meno aperta e meno libera. L’interesse verso la Cina è elevato soprattutto tra i giovani attratti dall’ambito tecnologico e dell’innovazione: non è un caso che il termine progresso sia associato alla Cina da quasi tre studenti su quattro.

Basta un viaggio a confermare la percezione. Chi studia cinese spesso parte anche verso la Grande Muraglia. In quest’ultimi anni grazie ad Intercultura sono sempre più i giovani che hanno preso un volo verso Pechino o qualche altra città e dopo esserci stati per un anno scolastico, il 95% vorrebbe tornare per trovare un lavoro. “L’esperienza di mobilità – spiega Roberto Ruffino, segretario generale della Fondazione – ha lasciato in questi ragazzi un’opinione generalmente positiva dando ai ragazzi la possibilità di diventare più indipendenti, capaci di adattamento, di apertura e con una maggiore maturità”.

 

 

 

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