Dopo 40 giornate di campionato la Juventus non è più prima in classifica. Il merito è del calendario (il Napoli aveva un turno più abbordabile e ne ha prontamente approfittato); dell’Atalanta, che ha giocato un’ottima partita e rimontato due rete di svantaggio. E del Var, che ha annullato il gol del 3-1 che avrebbe ammazzato il match, viziato a monte da un fallo bianconero che l’arbitro non aveva visto (o aveva perdonato) ai bianconeri. Alla seconda e ultima sosta per le nazionali prima di Natale si è chiuso un primo mini-campionato, che ha dato qualche indicazione (la lotta al vertice tra Juve e un Napoli finalmente da scudetto, i problemi identitari del Milan) e sollevato tante domande (quanto vale l’Inter, quanto la Roma, la Lazio può durare?). Dopo la sosta avremo le prime risposte. Intanto è già tempo di bilanci. Soprattutto per la vera novità di questo campionato: il Var.

Abbiamo avuto la conferma che la tecnologia è un ottimo strumento per rimediare a errori e ingiustizie, ma anche scoperto i suoi punti deboli ed imparato che anche lei può sbagliare (soprattutto perché la componente umana della direzione arbitrale non sarà mai eliminabile). Già alla prima giornata, col gol annullato in Bologna-Torino per fuorigioco inesistente, si è visto uno dei cortocircuiti principali: se il fischio arriva prima, la frittata è fatta; ma nemmeno si può pensare che arbitri e guardalinee non si prendano mai la responsabilità di tirare su la bandierina. Alla seconda, la Roma si è lamentata per il mancato utilizzo del Var per un presunto contatto da rigore su Perotti: anticipazione che nelle grandi partite, quelle che pesano, ogni episodio dubbio potrebbe diventare fonte di sospetto ancor più che in passato. In Spal-Udinese abbiamo assistito a gol convalidati a posteriori e partite di 100 invece che 90 minuti, un altro degli effetti collaterali da tenere in considerazione. Fiorentina-Atalanta, alla sesta giornata, invece ha dimostrato che quando un arbitro non è in serata (nella fattispecie Pairetto), può fare disastri anche con il Var.

A fronte di pochi casi controversi, però, tante sono state le sviste corrette. Infatti il giudizio di un po’ tutte le istituzioni è lo stesso: bene così, non si torna indietro. Il Var, a grandi linee, piace. Piace un po’ meno alla Juventus, però, che da Buffon ad Allegri continua a “picconare” ciclicamente lo strumento. Ed in effetti il loro impatto col Var non è stato dei migliori. Pronti via, già alla prima giornata rigore contro non assegnato e rettificato dalla moviola dopo una manciata di minuti. Stesso copione alla seconda a Genova, poi a Bergamo. Per anni si era detto che con la moviola in campo la Juve non avrebbe avuto vita facile, mentre i suoi tifosi replicavano che avrebbero vinto con o senza sviste arbitrali. Avevano ragione tutti: la Vecchia Signora è sempre lì davanti a tutti (o quasi), ma l’impatto col Var è stato duro. Ad oggi i punti in meno per l’introduzione della tecnologia sono soltanto due, quelli persi contro l’Atalanta. E stavolta la Juventus ha anche i suoi buoni motivi per lamentarsi.

Il caso di Bergamo avanza un altro dubbio, di tipo proprio metodologico: è giusto ricorrere alla moviola anche per episodi avvenuti 20-30 secondi prima? Probabilmente no, su questo dice bene Allegri: quasi ogni azione può essere viziata a monte da un fallo non sanzionato, un angolo o una rimessa laterale invertita. Non è questo il futuro del Var, che magari dovrebbe essere davvero riformato in stile tennis o basket, con un paio di chiamate a partita per squadra, da giocarsi quando meglio si crede, per evitare un impiego troppo generalizzato e discrezionale. In attesa di ulteriori passi avanti, però, la tecnologia ha già migliorato il calcio italiano. E giustizia è fatta comunque: in fondo il fallo di Lichtsteiner era netto, e anzi forse con un po’ più di serenità l’arbitro D’Amato non avrebbe fischiato neanche il rigore poi sbagliato da Dybala. Col Var la Juventus ha torto pure quando c’ha ragione.

Twitter: @lVendemiale

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